giovedì 30 gennaio 2014

NOVITA' NIKON Df RECENSIONE

Vista da una certa distanza, magari al collo di un fotografo, i meno giovani come me si potrebbero chiedere: ma cos'e' quella fotocamera, forse una Nikon F3?
In effetti la vista frontale e anche quella superiore, ricordano tanto i modelli reflex dei primi anni '80, con le forme spigolose, le ghiere di selezione sulla calotta superiore in stile, e il colore nella versione Nero/Argento particolarmente adatto a questa fotocamera.
Solo ad uno sguardo più attento e vicino si capisce di cosa invece  si tratta, e solo la visione del dorso, rivelando i classici comandi digitali e il grande monitor da 3.2" ci mette di fronte alla realtà, cioè  che siamo davanti ad un prodotto ultratecnologico con un cuore digitale all'interno di un corpo classico.
Corpo professionale in lega di magnesio tropicalizzato resistente a piccoli urti e intemperie, con i comandi in stile classicheggiante  posti dove sono stati per decenni, convivendo ora con selettori e uscite digitali in modo armonioso.
Ovviamente non c'e' il flash integrato, manca completamente la modalità video, mentre ritornano oltre alla posa B, anche la posa T fino a 30 minuti, e il sincro flash X alla massima velocità di scatto possibile, queste ultime due funzioni saranno senz'altro sconosciute ai più.
Molto interessante anche come abbinamento estetico la possibilità di montare ottiche vecchie serie.
Le funzioni sono molto personalizzabili, il menu' intuitivo, il mirino copre il 100% del campo inquadrato così come il monitor, ottimo anche in modalità  live view in condizioni di alta illuminazione.
Il sensore e' l'ormai sperimentato CMOS full frame da 16,2 Mp montato sulla D4, ottimo soprattutto per lo scarso rumore di fondo almeno fino 3200 ISO, e l'esposizione e' misurata col sistema Matrix di Nikon sempre preciso anche in condizioni critiche.
In conclusione una fotocamera secondo me dalle ottime prestazioni, dal costo elevato al momento in vendita solo in kit, ma più adatta al fotoamatore nostalgico attento anche al lato estetico, capace di godersela e coccolarsela , piuttosto che al professionista, per forza di cose  meno romantico, che con il denaro investito ci deve lavorare.
Per immagini e altre notizie

http://www.nikon.it/it_IT/product/digital-cameras/slr/professional/df

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATUITO PER PRINCIPIANTI

Fino a qui ho scritto una serie di post non proprio per tutti, nel senso che per chi si avvicina ora alla fotografia possono sembrare, e probabilmente lo sono, un pochino ostici e un po' troppo specialistici.
La parte riguardante la camera oscura classica in bianco/nero tratta un argomento indubbiamente di nicchia, che pero' secondo me si inseriva bene dopo i post riguardanti il sistema zonale, che pur essendo nato per la ripresa e la stampa in bianco/nero classica, e' da considerare ancora la base della fotografia e va quindi capito a fondo.
Nessuno ci obbliga a studiarlo ed applicarlo ma chi lo fara' sicuramente avra' una marcia in piu' rispetto a chi affronta uno scatto fotografico in modo piu' amatoriale e superficiale, dipende da cosa vogliamo fare e quali sono i nostri obiettivi.
Nei prossimi post sposteremo l'attenzione su argomenti un po' meno specialistici e quindi adatti anche a chi e' alle prime armi nel settore, e proprio per loro, per chi sta iniziando o vorrebbe iniziare, ho creato un mini e-book intitolato Corso Base di Fotografia per principianti Gratuito in formato pdf di 24 pagine che potete richiedere al mio indirizzo mail: nesimarco805@gmail.com.
Non e' richiesta nessuna iscrizione obbligatoria, anche se sono sempre graditi i commenti, anche negativi, e i vostri dati non saranno usati per altro scopo se non per quello dell'invio telematico del mini corso che essendo stato preparato ed impaginato in formato pdf risulta un po' complicato inserirlo in un post del blog.
Quindi aspetto numerose le vostre richieste, i vostri consigli e  le vostre critiche, e se avete un argomento preferito che vorreste approfondire  ( tecnico, recensioni ecc.) contattatemi e faro' il possibile per accontentare tutti.
Buone foto.

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 9° parte GLI ACCESSORI

Vediamo ora velocemente quali sono gli accessori indispensabili o almeno utili in camera oscura.
Se vogliamo considerarlo tra gli "accessori" al primo posto ovviamente dobbiamo mettere l'obiettivo dell'ingranditore, dalla qualità' del "vetro" dipende buona parte della qualità' della stampa finale, esattamente come avviene per un obiettivo da ripresa. 
 Un obiettivo da camera oscura a differenza di quello montato su una fotocamera, e' solo un po' più' specialistico, non possiede ghiera di messa a fuoco e ha uno schema ottico studiato per riprodurre perfettamente oggetti posti parallelamente al piano focale con scarsa profondità di campo ma grande definizione e dettaglio, e come gli altri obiettivi, funziona meglio se usato non alla massima apertura focale ma piuttosto chiudendo il diaframma di 2-3 stop.
Direi che l'apertura media ottimale e' guarda caso ancora f.8 o f.11.
Le focali più usate sono:
50  mm per il formato 24x36
80  mm per il formato  6x6
105mm per il formato 6x9
Usando una focale piu' corta di quella consigliata, ad esempio un 50mm con negativo 6x6, avremo una forte vignettatura e la necessita'  poi di ritagliare l'immagine stampata, viceversa usando ad esempio un 80mm con negativo 24x36, dovremo alzare maggiormente la testa dell'ingranditore ma potremo utilizzare anche i diaframmi piu' aperti, perché verra' sfruttata solo la parte centrale dell'ottica e non noteremo quindi nessun decadimento qualitativo ai bordi. Altro accessorio secondo me indispensabile e' il Focometro, una lente di discreta potenza che permette anche alla debole luce di un negativo proiettato sulla carta da stampa, di mettere a fuoco la grana del negativo, con la certezza quindi di avere una messa a fuoco perfetta.
Come già detto pero' in un post precedente, il tutto può risultare vanificato dall' incurvamento del negativo dovuto all'eccessivo calore della lampada, o al troppo lungo tempo di esposizione.
Raccomando quindi nuovamente specialmente per i formati del negativo più grandi, l'utilizzo di portanegativi con apposito vetrino per garantire la planeita' della proiezione.
Terzo accessorio indispensabile specialmente per le stampe più grandi e' il marginatore che permette di mantenere ferma la stampa, evitando urti o leggeri spostamenti durante il tempo di esposizione, come utilizzo secondario serve anche per lasciare i margini bianchi alla stampa( da qui il nome) ma principalmente serve, come detto prima, a dare stabilita' e planeita', anche grazie al suo peso, alla carta sotto la luce dell'ingranditore.
Quarto e ultimo accessorio indispensabile e' il Timer o Temporizzatore, elettronico o manuale che sia, l'importante e' che sia pratico e che ci sollevi dal compito di contare mentalmente i secondi mentre siamo concentrati su altre cose, deve essere ben visibile anche da una certa distanza, quindi con caratteri grandi ma che non abbia una luce troppo invasiva  da arrivare a velare le stampe.
Il resto degli accessori e' inutile elencarli, bacinelle della giusta capienza a seconda del formato di carta scelto, pinze, termometro, eventuali riscaldatori, guanti ecc. 
Vorrei pero' ripetere ancora una volta che l'accessorio più indispensabile in camera oscura e' la pulizia, se non rispettiamo questa regola tutto il resto sarà tempo sprecato.

lunedì 27 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 8° parte

Qualche consiglio sulla manualita' spicciola in camera oscura, le cose piu' importanti come accennato nei post precedenti, sono la pulizia e la precisione.
Prima di tutto perché stiamo maneggiando sostanze chimiche che pur non essendo particolarmente pericolose, hanno sempre un certo grado di nocività,  e poi perché senza pulizia e precisione ci troveremo sicuramente con stampe sporche e di qualita' decisamente scarsa, che nella migliore delle ipotesi richiedono un grosso lavoro di "spuntinatura" manuale.
Ovviamente e' fortunato chi ha tanto spazio a disposizione, così  da poter separare la zona asciutta dove e' posto l'ingranditore, da quella umida dove si trovano le bacinelle.
Da ragazzo negli anni '70 stampavo nel bagnetto di casa, con l'ingranditore sopra la lavatrice e le bacinelle in vasca da bagno, e' una tortura che non auguro a nessuno, puo' farlo proprio chi e' ai primi passi, o chi non ha alternative, ma penso che in queste condizioni la passione durera' poco.
E' inutile parlare della precisione nei dosaggi dei reagenti chimici, mentre una cosa meno scontata ma non meno importante e' la temperatura dei bagni nelle bacinelle, che dovrebbero essere simili fra di loro.
 Per far questo basta preparare i bagni 10 minuti prima per dar modo di raggiungere la temperatura ambiente, la quale se e' troppo alta sarà  un problema anche per lo stampatore oltre che per i reagenti, se e' troppo bassa alcuni tipi di sviluppo possono perdere quasi tutto il loro potere, ed e' quindi necessario riscaldare le bacinelle o con piano riscaldato o usando dei piccoli riscaldatori a immersione tipo quelli per acquariologia.
Un' altra cosa importante anche se non fondamentale, e' avere acqua corrente a disposizione, si puo' farne anche a meno, e dopo un primo risciacquo veloce in bacinella, si puo' finire di lavare a fondo in un altro locale dove invece c'e' l'acqua corrente.
Lo spazio inoltre dovrebbe essere sufficiente per almeno tre bacinelle, ovviamente della grandezza appropriata per le vostre stampe, SVILUPPO, ARRESTO E FISSAGGIO.
Per chi non ha l'acqua corrente e' necessaria almeno un'altra bacinella dopo queste tre, con abbondante acqua dove far sostare le stampe prima del lavaggio a fondo finale in acqua corrente.
Per quanto riguarda il bagno di arresto, che dovrebbe servire ad evitare l'inquinamento da parte del bagno di sviluppo al bagno di fissaggio con suo rapido decadimento, essendo una soluzione  di acido acetico, puo' dare piu' problemi che vantaggi, soprattutto con i cartoncini baritati di cellusosa pura che richiedono un notevole lavaggio in quanto molto assorbenti, puo' essere pericoloso un arresto acido perché la carta potrebbe rimanere con un ph  in grado di corrodere  e distruggere le fibre di cellulosa.
Quindi secondo me e' meglio non usare nessun tipo di acido nel bagno di arresto ma casomai usare abbondante acqua e sostituirla spesso.
Altrettanta abbondante acqua deve essere usata nel lavaggio finale, per avere la certezza di aver tolto qualsiasi minimo residuo di fissaggio la miglior cosa, sempre parlando di cartoncini baritati, e' lasciare le stampe a bagno in acqua corrente anche per 20-30 minuti, cercando ovviamente di raggruppare un certo numero di stampe da lavare per non sprecare troppa acqua.
Ricordatevi che un lavaggio finale frettoloso non da problemi a breve termine, ma e' la causa dell'ingiallimento delle stampe nel corso degli anni, vanificando così tutto il lavoro fatto in precedenza e fino a qui descritto.

domenica 26 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 7° parte L'INGRANDITORE

Nei post precedenti abbiamo preso come esempio per le nostre stampe il tipo di carta a contrasto variabile e un ingranditore con testa VC.
Ma ne esistono certamente altri tipi, tutti con caratteristiche diverse, ed ognuno di loro  con pregi e difetti.
Prima di tutto essendo l'ingranditore in pratica un proiettore di fascio luminoso, vediamo quali sono le fonti di illuminazione più comuni.
La prima e più comune e' la lampada ad incandescenza, la comune lampadina, anzi ex lampadina, perché ormai praticamente "fuori legge" e  sostituita oggi da "ecolampadine", che possono aver creato qualche problema di alloggiamento all'interno della testa dell'ingranditore, e che sicuramente hanno un' intensità luminosa minore, anche se forse scaldano un po' meno, cosa che e' sempre stato il tallone di Achille delle lampadine a incandescenza, oltre alla temperatura di colore piuttosto bassa tendente al rosso, che poteva falsare in qualche modo l'utilizzo dei filtri. 
Le lampadine alogene hanno una temperatura di colore più alta quindi meno rossastra e più neutra, che influenza meno la filtratura, funzionano normalmente a basso voltaggio tramite un trasformatore, scaldano molto meno ma costano abbastanza di più e sono più delicate. 
Poi ci sono le lampadine al neon poco usate perché forniscono una luce troppo verdastra.
Indipendentemente dal tipo di lampadina usata, gli ingranditori si possono dividere in due principali categorie: a condensatori o a luce diffusa.
Gli ingranditori a condensatori  convergono la luce della lampadina posta in alto, tramite una coppia di lenti, direttamente sul negativo, fornendo così un contrasto molto elevato ed un dettaglio molto definito a volte quasi eccessivo, così come e' eccessiva  anche la restituzione di ogni piccolo graffio o granello di polvere presente sul negativo.
 Chi utilizza questo tipo di ingranditore deve curare la massima pulizia e precisione.
Negli ingranditori a luce diffusa come dice il nome, la luce viene riflessa da superfici opaline in varie direzioni prima di essere indirizzata verso il negativo, si perde di intensità', quindi servono lampadine più potenti, ma abbiamo immagini meno contrastate che perdonano di più le piccole imperfezioni del negativo.
Il modello più complesso e' l'ingranditore con testa a colori, che ormai credo nessuno usi più per il suo scopo naturale che sarebbe la stampa a colori da negativo a colori, ma che secondo me e' il migliore per la stampa bianco nero su carte VC, io stesso uso un vecchio IFF DUOGON di qualche decennio addietro.
Funzionano con una lampada alogena e schema a luce diffusa e hanno tre manopole per i filtri, una per ogni canale, giallo, magenta e ciano,  ed e' possibile una regolazione molto più fluida e precisa rispetto ad un ingranditore con testa VC che ha una scala più limitata. 
I canali da usare sono il giallo per diminuire il contrasto e il magenta per aumentarlo lasciando impostato sullo zero il canale ciano. 
Gli ingranditori con testa VC come già detto, funzionano con lo stesso principio di quelli con testa a colori ma hanno solo i due canali del giallo e del magenta.
Per chi ha già, o vuole acquistare un ingranditore più economico, cioè il classico ingranditore a condensatori, niente paura, si possono fare ugualmente ottime stampe, e' soltanto un po' più scomodo l'utilizzo perché dobbiamo inserire i filtri di volta in volta nell'apposito cassettino, stando attenti a maneggiarli e conservarli con cura.
Un ingranditore di questo tipo si trova usato con pochissima spesa, e puo' essere trasformato velocemente, per chi lo desidera, in uno a luce diffusa inserendo un semplice vetro opalino fra la lampada e il negativo, operazione reversibile se si ha la necessita' di avere una stampa contrastata al massimo e nitidissima.
Il difetto comune a tutti gli ingranditori  e' il calore ceduto dalla lampada, anche con quelle che scaldano poco, il vostro negativo se esposto per un tempo lungo, tende ad imbarcarsi, figuriamoci con quelli che scaldano tanto, il risultato e' disastroso in quanto la stampa risulterà con zone completamente sfuocate anche se usate l'obiettivo da stampa più costoso.
Con i negativi di piccolo formato 35mm il difetto si nota meno ma usando formati più grandi, tipo 6x6  come nel mio caso, o 6x9 senza l'aiuto di appositi vetrini che tengono il negativo perfettamente parallelo al piano di stampa, e' praticamente impossibile ottenere una stampa decente. 
Quindi qualunque sia la vostra attrezzatura, o quella che vi volete procurare, state attenti a questi dettagli, perché  ancora una volta sono le piccole attenzioni che fanno la differenza.

sabato 25 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 6° parte STAMPA FINE ART

Abbiamo ora davanti a noi una bella stampa, senza dubbio già così superiore alla media, pero' come tutte le cose e' ancora migliorabile, osservandola bene con occhio critico allenato e "esterno", cioè come se venisse osservata non da voi ma da una persona diversa, troverete sicuramente delle zone che  non restituiscono appieno le tonalità  desiderate, che appaiono leggermente troppo esposte o viceversa.
Se abbiamo lavorato bene fino a qui le variazioni da fare saranno minime ma importanti.
Ormai credo che ognuno di voi abbia avuto a che fare con un qualsiasi programma di fotoritocco, dal più' semplice al più complesso tutti hanno le funzioni MASCHERATURA e BRUCIATURA e sicuramente tutti voi avete ben chiaro come possono influenzare il risultato finale.
Con la mascheratura si copre digitalmente una parte dell'immagine schiarendola, con la bruciatura avviene l'opposto.
Nella stampa chimica, il concetto e' il solito, mascherando una porzione di immagine si fornisce ad essa meno luce, quindi i cristalli di argento sono meno esposti e risultano più chiari, al contrario concentrando in una zona più luce i cristalli di argento reagiscono in modo maggiore restituendo visivamente una maggiore intensità e un tono più scuro.
E' fondamentale sapere prima di procedere con questa tecnica, che al contrario di quanto avviene oggi in CAMERA CHIARA DIGITALE,  dove si può sempre annullare l'operazione fatta e tornare indietro, in CAMERA OSCURA CHIMICA ogni passo e' irreversibile e dobbiamo ricominciare da capo.
Per chi non ha  mai visto come e' fatta una maschera, senza dilungarmi troppo nelle infinite possibili forme, posso dirvi che per mascherare, quindi schiarire, dovendo coprire determinate zone, useremo oltre alle nostre mani, degli attrezzi autocostruiti a forma di paletta con un manico finissimo tipo fil di ferro che sorregge una sagoma di cartoncino a forma di cerchio o di ellisse o altro, a seconda dei casi, da frapporre tra l'ingranditore e la stampa a coprire la zona interessata.
Per eseguire invece una bruciatura su una zona limitata lasciando il resto inalterato, e' intuitivo che serve una maschera forata che copra tutta l'immagine tranne la zona interessata che dobbiamo scurire.
Le difficoltà maggiori sono due:
La prima e' che le maschere devono essere posizionate alla giusta distanza dalla stampa e tenute in movimento nel modo giusto per evitare stacchi troppo netti dovuti alla proiezione della maschera stessa sul piano dell'ingranditore.
La seconda e' che prima di eseguire questa tecnica dobbiamo avere in mente CHIARISSIMAMENTE!!! dove dobbiamo andare ad agire, per far questo dobbiamo fare uno schizzo sintetico dell'immagine da lavorare, segnando le zone da schiarire e quelle da scurire, preferibilmente ragionando in termini di percentuale, cioè  se abbiamo la nostra stampa di partenza di partenza esposta ad esempio per 60 secondi, e decidiamo in un determinato  settore di mascherare, quindi diminuire l'esposizione del 10%,  sappiamo che dovremo esporre quel settore per 54 secondi, quindi dobbiamo coprirlo per 6 secondi poi togliere la maschera e continuare l'esposizione fino ai 60 secondi finali.
Viceversa nella zona che abbiamo deciso di scurire del 20%, una volta finita l'esposizione normale di 60 secondi, dobbiamo coprire la stampa lasciando scoperta solo al zona da bruciare e aumentare l'esposizione localizzata per altri 12 secondi.
E' più complicato da spiegare che da fare ma a questo punto molto probabilmente sarete arrivati vicini alla perfezione, e con la pratica e l'esperienza, se avete un minimo di gusto artistico, siete ormai in grado di eseguire e mostrare con orgoglio la vostra prima vera  stampa FINE ART.

venerdì 24 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 5° parte STAMPA FINE ART

Vediamo ora finalmente come ottenere un  provino di stampa sul quale poi basarsi per le lavorazioni successive.
Scegliete sempre un buon negativo con un ampia gamma tonale, normalmente contrastato, e con buon dettaglio, stampate una prova usando un filtraggio VC poco contrastato ( 1-2), in modo da ottenere una stampa morbida con abbondanti toni di grigio, non importa se i neri sono poco profondi, l' importante e' che i bianchi presentino un po' di dettaglio, normalmente una stampa cosi viene cestinata voi invece conservatela.
Partendo da questa gia' potete variare il contrasto aumentando il valore VC di 1-2 punti, e prepararsi per il provino a scalare che sicuramente conoscete gia' come funziona.
Per chi invece non lo sa il provino a scalare consiste nel dividere, anche ad occhio, il pezzo di carta da stampare in parti piu' o meno uguali, per esempio in 5 parti, coprite quindi con un cartoncino abbastanza spesso i 4/5 del foglio di carta lasciando scoperto solo 1/5.
Scegliete una sequenza di esposizione lineare, cioe' con aumenti costanti di tempo, ad esempio 10-20-30-40-50 secondi, quindi esponete il primo settore della carta  per 10 sec. poi scoprite il secondo per altri 10 sec. ( il primo a questo punto sarà' stato esposto per 20 sec.) e così via per tutti e cinque i settori, che avranno ricevuto un tempo variabile di luce da un massimo di 50 sec. per il primo a un minimo di 10 sec. per l'ultimo.
Sviluppate, fissate e asciugate come sempre, osservate bene, se siete stati fortunati uno di questi settori corrisponderà  all'esatta esposizione e non vi resta che annotarvela, se siete inesperti puo' darsi che nessuno dei settori sia decente e che tutti risultino o troppo chiari o troppo scuri, in questo caso ripetete il provino raddoppiando o dimezzando i tempi.
Se avete un po' di esperienza nella maggior parte delle situazioni vi troverete con un provino vicino alla giusta esposizione ma da aggiustare un po' perché' quella esatta si trova fra due settori vicini, ad esempio fra 20 e 30 secondi, quindi ripetete il provino  dividendo sempre in settori, con ad un estremo il tempo di esposizione di 20 sec. ed all'altro 30 sec., a questo punto troverete senz'altro un tempo di esposizione preciso.
 Annotate ovviamente il tutto.
Come zona da provinare cercate un punto con presenza di bianco e che appaia non troppo bruciato ( per intendersi non il BIANCO CARTA dei test precedenti con la moneta) ma un bianco che conservi una possibile lettura, anche minima dei dettagli, perché in fase di stampa i dettagli persi nelle zone di alte luci non si recuperano più', a differenza di quelli nelle ombre.
A questo punto rifate il provino sull'intero fotogramma con i valori giusti trovati precedentemente in uno dei settori, dovreste ottenere così  una stampa con bianchi leggibili, un ampia scala di grigi, forse i neri saranno ancora un po' slavati e poco profondi e allora aumentate il filtraggio VC, se i neri sono invece troppo chiusi ammorbidite il contrasto.
All'inizio della carriera di stampatore tutto questo sembra un lavoro eccessivo ed enorme, poi con l'esperienza, capendo prima come agire, i tempi e i passaggi si accorciano ma comunque e' un metodo di lavoro inevitabile.
Ok ora avete un buon punto di partenza. 
Cosaaaa??? dira' qualcuno, punto di partenza?
Proprio così, e' da qui in poi che nasce la vera stampa FINE ART, con gli interventi successivi che con  esperienza, manualità' e gusto artistico, perché' uno stampatore FINE ART e' un artista,  portano a effettuare quei piccoli ma importantissimi miglioramenti per ottenere il risultato ottimale voluto.

giovedì 23 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 4° parte STAMPA FINE ART

Quale tipo di carta scegliere nel mucchio delle offerte?
Anche se i produttori sono rimasti pochi il mercato offre ancora una certa scelta, indipendentemente dalla marca, io uso e consiglio carta a contrasto variabile altrimenti detta VC, questo perché con un solo tipo di carta possiamo rispondere ad ogni nostra  esigenza.
Se state leggendo queste righe sapete gia' come funzionano, ma  per chi invece non lo sapesse le carte VC cambiano contrasto a seconda del tipo di filtro che usiamo in fase di esposizione con l'ingranditore.
Il fatto che con questo tipo di carta possiamo ottimizzare il contrasto in fase di stampa, non ci esonera dal partire da un negativo correttamente esposto in fase di ripresa, come descritto nei precedenti post sul SISTEMA ZONALE.
In ogni caso e' sempre preferibile usare queste carte impostando una gradazione media 2-3, ignorando le piu' estreme se non per emergenze con negativi non perfetti, quindi in qualche modo da recuperare, ma qui non parliamo piu' di FINE ART ma di stampe normali.
Per stampe FINE ART scartate subito le carte POLITENATE, sono troppo lucide, fastidiose per i riflessi, si sporcano subito di impronte digitali, inoltre sono troppo sensibili e veloci, quindi difficilmente gestibili in fase di stampa.
La carta da usare e' senza dubbio la BARITATA LUCIDA, bellissima da vedere e capace di offrire, se stampata a regola d'arte, una gamma tonale praticamente perfetta, ovviamente deve essere a regola d'arte anche tutta la fase preparatoria, come detto nei post precedenti, partite dal negativo piu' grande possibile o almeno dal miglior compromesso che per me e' il formato 6x6, esposto perfettamente e sviluppato con la massima attenzione, usando carte e prodotti chimici freschi e dopo aver verificato con i test precedenti la qualita' della  vostra attrezzatura.
Indipendentemente dal tipo di ingranditore che state usando, con TESTA VC, o con CASSETTO PORTAFILTRI, o con TESTA A COLORI, per impostare le prime prove basatevi sui valori di filtraggio consigliati dalla casa fotografica che avete scelto, poi verificheremo con dei test, se questi valori sono abbastanza precisi o vanno invece interpretati e corretti.
Per chi ha bisogno di qualche dettaglio in particolare mi contatti pure al mio indirizzo email.
In ogni caso, mi sento di consigliarvi di scegliere un solo tipo di carta, e un solo tipo di sviluppo, e di basarsi su di loro, tranne esigenze particolari, testandoli e imparando a conoscerli a fondo, in modo tale da far coincidere il più  possibile il risultato finale  con il progetto  che avevate in mente.
Ogni variazione di gradazione di filtro in teoria dovrebbe avere un comportamento lineare, sia ad aumentare sia a diminuire, cioe'  gli intervalli dovrebbero essere tutti uguali e portare a variazioni costanti, ma sara' davvero cosi?
Puo' darsi ma bisogna verificarlo con un altro test.
Supponiamo per semplicita' che il vostro sia un ingranditore con testa VC, ma il discorso e' analogo anche per gli altri, scegliete un negativo "buono" cioe' esposto e sviluppato bene con un ampia gamma tonale, impostate un valore VC medio e stampate come sempre avendo cura di usare reagenti freschi e preparati in quantita' abbondante per fare diverse stampe senza il rischio di un rapido esaurimento.
Annotate tutti i dati dietro la stampa.
Eseguite ora la stessa operazione variando, sia a salire sia a scendere, il valore VC sempre annotando tutto.
Una volta pronte le stampe mettetele sul tavolo una di fianco all'altra seguendo la scala dei valori VC del vostro ingranditore, e osservatele con buona luce molto attentamente.
Puo' darsi che i cambiamenti di contrasto fra una stampa e la vicina siano effettivamente lineari e costanti, oppure noterete che ci sono degli scalini eccessivi o assenti cambiando filtro.
Questo vi permettera' ancora una volta di conoscere a fondo la vostra attrezzatura ottenendo risultati migliori e risparmiando tempo e denaro.

mercoledì 22 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 3° parte STAMPA FINE ART

Uno dei problemi principali di chi stampa in Bianco/Nero saltuariamente, e' il deterioramento dei materiali di consumo, cioe' la carta e i reagenti chimici, sia in forma concentrata sia in quella gia' diluita, usata gia' alcune volte o a distanza di troppo tempo.
La conservazione della carta dovrebbe dare di solito meno problemi, anche se quelle di ultima generazione essendo piu' sensibili, sono anche piu' soggette al decadimento.
Per capire se una carta si sta rovinando possiamo fare il TEST DEL VELO DELLA CARTA.
Prendete un pezzo della carta da esaminare e al buio assoluto senza luce di sicurezza, immergetelo nel bagno di sviluppo per 5 minuti, fissate e lavate come al solito, dopo asciutto confrontate con il TEST DEL BIANCO fatto in precedenza ( vedi post prima di questo).
Se il bianco appare piu' sporco e grigio dello standard, vuol dire che la carta si sta deteriorando in misura piu' o meno accettabile, dipende da voi giudicare.
Si puo' migliorare un po' usando nel bagno di sviluppo dell' ANTIVELO , che pero' falsera' leggermente il tempo di esposizione, aumentera' il contrasto e puo' dare anche viraggio di tono.
Ma la carta puo' risultare velata anche se il test precedente e' risultato ottimale, in questo caso quasi sicuramente abbiamo infiltrazioni di luce non desiderata in camera oscura.
Per verificarlo dobbiamo eseguire il TEST DEL VELO DI LUCE.
Prendete il solito pezzo di carta fotografica e metteteci sopra un piccolo oggetto non trasparente, per esempio una moneta, esponete per qualche minuto, sviluppate a fondo sciacquate e asciugate come sempre.
Se notate un cerchio piu' bianco dove prima c'era la moneta vuol dire che avete infiltrazioni di luce in camera oscura, controllate tutte le fessure di porte e finestre e se necessario coprite con del panno nero o nastro adesivo, ripetete quindi il test, se la macchia chiara e' sparita avete risolto il problema, altrimenti dovete proseguire con il test.
Puo' darsi che le vostre lampade di sicurezza, gialle o rosse che siano, non proteggano abbastanza, oppure sono posizionate troppo vicine al banco di lavoro, quindi dovete ripetere il test precedente con la moneta, fino a quando allontanando la lampada, o al limite sostituendola, la carta non vela piu'.
Nel malaugurato caso che il problema persiste ancora non vi resta che controllare il vostro ingranditore, che dovrebbe far passare la luce soltanto dall'obiettivo.
Esaminate tutte le fessure dell'ingranditore, compreso cassetto portanegativi e alette di raffreddamento della testa, e cercate di mascherarle il piu' possibile stando attenti a non ostruirle per evitare pericolosi surriscaldamenti e incendi, ripetete ancora il test, con il tappo a coprire l'obiettivo, che a questo punto non puo' che dare esito negativo.
Il procedimento puo' essere lungo e noioso, ma basta farlo una volta sola per eliminare per sempre il fastidioso velo che sporca i bianchi durante la stampa, rendendo vana la vostra fatica di stampatori.

martedì 21 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 2° parte STAMPA FINE ART

Le carte da stampa sono molto diverse tra loro ed e' fondamentale conoscerne i pregi, i difetti e i limiti.
Una carta extralucida  restituira' in stampa dei neri e dei bianchi molto diversi da un cartoncino baritato matt, lo stesso discorso vale fra una carta di tonalita' fredda rispetto ad una di tonalita' calda, per non parlare poi delle differenze dovute alla scelta e all'utilizzo dei reagenti chimici sulla carta da testare.
Quindi per prima cosa, prendendo come standard il trattamento chimico che facciamo normalmente, dobbiamo verificare qual' è il limite della carta che abbiamo davanti, cioe' qual' è il massimo grado di bianco e il massimo grado di nero che possiamo ottenere.
E' il cosiddetto TEST DEL BIANCO E DEL  NERO.
Prendete dalla carta da esaminare un piccolo rettangolo formato A6 facilmente archiviabile e poco costoso, esponete la carta alla luce piena dell'ingraditore per 2-3 minuti, passatela poi nel bagno di fissaggio per 3 minuti, lavate bene per togliere ogni residuo di fissaggio che col tempo porterebbe ad ingiallimenti, asciugate e scrivete sul retro tutti i dati( tempo, temperatura marca  di fissaggio utilizzato ecc.).
Questo sara' il massimo grado di bianco ottenibile con quel tipo di carta e dovra' essere archiviato con cura e tirato fuori ogni volta ci saranno da fare dei confronti.
Prendete ora un altro pezzo di carta delle stesse dimensioni, esponete sempre per 2-3 minuti, sviluppate a fondo per 3-4 minuti, fissate, lavate bene e asciugate.
Questo sara' il massimo grado di nero ottenibile con quel tipo di carta, archiviate come prima.
Ogni volta che vi sembrera' che le vostre stampe abbiano un bianco non purissimo o un nero un po' sbiadito, potete confrontare con i master archiviati in precedenza e capire se la carta o i reagenti, non sono piu' nelle condizioni ottimali di conservazione, in quanto scaduti o troppo usati, oppure nel caso di partita nuova di carta  e di reagenti , vuol dire che avete acquistato del materiale troppo stagionato presso il rivenditore, e avete la possibilita' di lamentarvi e chiedere il rimborso o la sostituzione.
Questa procedura andra' replicata per ogni tipo di nuova carta che andrete a provare, o ogni volta che per qualche motivo decidete di usare dei reagenti fuori dal vostro standard.

lunedì 20 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA 1° parte STAMPA FINE ART

Chi sta leggendo queste righe molto probabilmente avra' gia' provato a stampare in camera oscura, e altrettanto probabilmente non e' rimasto soddisfatto dei risultati ottenuti e ha mollato tutto.
Perche' ci si puo' accontentare di una qualita' di stampa normale o buona, ottenuta dopo un po' di esperienza sul campo, che puo' sembrare anche ottima se confrontata con lo standard di un laboratorio di sviluppo e stampa ma che difetta di qualcosa rispetto a quella stampa osservata a quella mostra di quel famoso fotografo.
La nostra e' una buona stampa, quella invece e' un capolavoro, ha un qualcosa di diverso che non sappiamo descrivere ne tanto meno capire, e' diversa e basta, e' tutto perfetto e tutto al posto giusto.
 Ci sembra una cosa unica e irripetibile, e probabilmente lo e'.
Stampare bene in camera oscura non e' difficile, basta frequentare uno dei tanti mini corsi che di solito vengono fatti nei circoli fotografici della propria citta', procurarsi un'attrezzatura adeguata e fare esperienza annotandosi di volta in volta tutti i parametri e migliorandosi la volta successiva.
La stampa FINE ART in Italia e' un concetto un po' astratto, da noi non esiste la cultura, se non in rari casi, per considerare una stampa fotografica al pari di una pittura o una scultura o altra forma d'arte.
La fotografia in generale, e la stampa intesa come terminale di tutto il processo, e' da sempre ritenuta un' arte di seconda scelta, in alcuni periodi addirittura ripudiata, quindi e' purtroppo normale, per  chi volesse approcciarsi in modo decisamente artistico, trovarsi smarrito in un universo di mediocrita', impossibilitato a riconoscere un punto fermo al quale riferirsi, per quanto riguarda l'apprendimento delle tecniche e il reperimento dei materiali.
Questo anche perché, sempre in Italia, esiste una specie di dualismo fra chi si ritiene un fotografo creativo e chi si ritiene un esperto di tecnica, ognuno esaltandosi nel proprio ruolo scelto quasi denigrando l'altro, come se le due cose non potessero coesistere nella stessa persona.
Un creativo si sente autorizzato, anzi invogliato dalla moda, a trascurare la tecnica perché cosi' e' piu' "snob", e il tecnico non si sforza di usare anche il proprio lato creativo perché non e' suo compito farlo.
Oltre a questo da noi e' molto piu' difficile e costoso reperire i materiali rispetto a tanti altri paesi del Nord Europa e Stati Uniti, ulteriore concausa della scarsita' di fotografi specializzati veramente nel settore, ritenuto a ragione una nicchia per pochi, ma proprio per questo secondo me interessante per la possibilita' di distinguersi ed emergere dalla massa degli stampatori normali.
Dovro' essere un po' brutale per non illudere i volenterosi ma inadatti a cimentarsi in questa tecnica.
Tutto e' lecito e possibile se si tratta di fare esperienza e acquisire manualita' in camera oscura, conoscere la teoria e la chimica del processo, imparare a muoversi e maneggiare gli oggetti al buio e cosi' via, tutto questo risultera' sempre utile.
Tuttavia difficilmente riuscirete ad ottenere una vera stampa FINE ART partendo da un negativo 35mm, secondo me come minimo dovrete munirvi di un' attrezzatura medio formato 6x6 o 6x4,5,
 perché il negativo e' molto piu' grande e quindi permette di ottenere ingrandimenti maggiori piu' dettagliati e puliti.
Meglio ancora per chi vuole il massimo, attrezzarsi con fotocamere specialistiche tipo Banco Ottico, che usando  negativi a lastra di vari cm di lato, anche 20x30 e oltre, permettono di ottenere il massimo del dettaglio e il massimo della gamma tonale dei grigi, perché  hanno uno strato sensibile di argento piu' spesso, e inoltre hanno il grande vantaggio di poter essere esposti e sviluppati singolarmente, ognuno a seconda del risultato da ottenere.
Oltre al costo dell' attrezzatura da ripresa, bisogna considerare anche lo spazio che dobbiamo avere a disposizione trattandosi quasi sempre di stampe di grandi dimensioni, e ingranditori particolari per proiettare i negativi, a meno che non si voglia stampare per contatto nelle dimensioni originali del negativo.
Io comunque mi sentirei di consigliare come un buon compromesso il formato 6x6 che io stesso uso,
con poco piu' di 1000 euro possiamo trovare una Hasselblad con ottica e un buon ingranditore, oltre all'attrezzatura base da camera oscura.
Come ultimo consiglio generico posso dire a chi ritiene la precisione assoluta e la pulizia come un optional, di non sprecare tempo in questa difficile tecnica , in quanto differenze di qualche decimo di grado di temperatura o di qualche secondo di trattamento, possono portare a risultati molto diversi.
Nei prossimi post entreremo nei dettagli riguardo agli accorgimenti da tenere in camera oscura, e ai vari test da fare con la nostra attrezzatura per partire con il piede giusto.





sabato 18 gennaio 2014

CAMERA OSCURA BIANCO/NERO FOTOGRAFIA ANALOGICA introduzione STAMPA FINE ART

Alcuni amici che hanno iniziato a seguire questo blog, si sono dimostrati interessati alla fotografia analogica, in particolare alla stampa in bianco/nero.
Mi fa piacere che ancora oggi ci siano persone che si interessano a questo argomento, purtroppo ancora non so se queste persone sono giovani incuriositi e che vogliono imparare, o almeno conoscere queste tecniche, oppure persone meno giovani come me, alle quali fa piacere fare un salto indietro nel tempo, a quando da  ragazzi si sono imbattuti in questo mondo, e che magari tuttora utilizzano pellicole e bacinelle come ogni tanto faccio anch'io.
Premetto che il termine "analogico" e' secondo me un termine improprio, utilizzato come contrapposizione al termine "digitale", come si fa per un disco in vinile rispetto ad un CD.
In fotografia di analogico non c'e' un bel niente, almeno per quanto riguarda lo sviluppo e la stampa da negativo, il processo nel suo insieme e' una sequenza di reazioni chimico-fisiche, che quindi mi portano a definire la fotografia prima dell'avvento del digitale come FOTOGRAFIA CHIMICA  e non FOTOGRAFIA ANALOGICA.
Detto questo scusandomi per la pignoleria, pubblicherò' nei prossimi giorni una serie di post sull'argomento, mettendo in risalto  quali sono le cose da fare per prime per chi vuol provare a passare qualche notte in camera oscura, evitando gli errori più comuni che seppur banali possono portare a risultati deludenti, facendoci pentire di aver perso tempo e soldi in questa avventura, che al contrario invece ci puo' gratificare con una qualità' irraggiungibile ancora oggi con il digitale, e con il gusto di essere arrivati al risultato di una stampa unica e irripetibile, come può' esserlo un quadro o una scultura.
A presto e buone foto.

IL SISTEMA ZONALE 5° parte LA LATITUDINE DI POSA

Come gia' detto il sistema zonale e' nato come tecnica da applicare alla fotografia bianco/nero classica all' argento, quella con rullino o meglio ancora pellicola piana di medio o grande formato, e successivamente sviluppata e stampata in camera oscura, selezionando i reagenti piu' adatti al nostro scopo e modificando il processo standard di sviluppo e stampa fino ad ottenere con l'esperienza e molti tentativi il risultato visualizzato e sperato.
Tutto questo e' valido ancora, anche se e' sempre piu' difficile reperire i materiali, e i loro costi sono ormai solo per amatori veri, pero' chi ha la possibilita' e la passione, otterra' indubbiamente risultati fuori dalla media di una stampa digitale, anche se fatta con la stampante piu' moderna con 12 cartucce colore.
Quello che mi preme ricordare pero' e' che il sistema zonale e' anche la base per capire il controllo della luce in fase di esposizione, e quindi e' indispensabile, secondo me, non dico applicarlo sempre ma almeno conoscerlo, anche lavorando con i moderni sistemi digitali.
Dobbiamo solo stare attenti ad alcune distinzioni. 
Fotografando in bianco/nero o a colori ma sempre su pellicola negativa, e' preferibile dare maggiore importanza alle zone in ombra, stando attenti a non chiuderle troppo, cioe' fare in modo di avere sempre un po' di dettaglio, mentre le alte luci anche se appaiono un po' bruciate, cioe' sovraesposte, sono in parte correggibili in fase di stampa aumentando l'esposizione in quelle zone ( vedremo come nei successivi post dedicati alla stampa tradizionale).
Fotografando invece con pellicola diapositiva o in digitale il discorso e' opposto, bisogna stare attenti a mantenere il dettaglio nelle alte luci perche' una volta perso non si recupera' piu,' nemmeno con i programmi di fotoritocco piu' evoluti.
Dobbiamo quindi ogni volta che stiamo per scattare una foto riconoscere il soggetto principale e ad esso assegnare il valore zonale giusto, correggendo le indicazioni automatiche forniteci dalla nostra attrezzatura, aumentando l'esposizione in presenza di soggetti più  chiari del valore medio, o sottoesponendo in presenza di soggetti più scuri.
Dobbiamo altresì renderci conto che queste manovre possono portare ad avere zone troppo illuminate con perdita di dettaglio nelle zone chiare o troppo buie nelle zone scure.
questo perche' l'occhio umano e' una macchina quasi perfetta in grado di adattarsi al variare delle condizioni luminose distinguendo i dettagli sia nelle alte luci sia nelle ombre, mentre la pellicola o il sensore digitale non e' assolutamente in grado di farlo, avendo un limitato raggio di azione che corrisponde all'incirca dalla zona II alla zona VIII.
Questo semplificando il concetto e' quella che si chiama latitudine di posa, cioè' la capacita' di registrare dettagli ai lati estremi della scala. 
Torneremo su questo concetto nei prossimi blog.
In ogni caso come avrete capito, se siete fotoamatori che scattano prevalentemente foto col cellulare o con una compattina digitale, il sistema zonale e' una tecnica da conoscere solo per cultura personale ma inapplicabile, se invece girate con una reflex al collo o comunque con una fotocamera che permetta un utilizzo "ragionato" e non completamente  automatizzata, indipendente e "anarchica" nei nostri confronti,                                              
con la possibilita' di intervenire su alcune funzioni e con la possibilita' di lettura esposimetrica di tipo spot come gia' detto nei post precedenti, potete applicare la tecnica ogni volta che ritenete necessario.
Altrimenti dovete procurarvi un esposimetro esterno in grado di fornire questo tipo di lettura su una porzione di scena molto limitata con un angolo di campo inquadrato intorno a 1-3 gradi.
Vi consiglio inoltre di allenarvi il piu' possibile a individuare di fronte a una scena, sia dal vivo sia su stampa,
le varie zone assegnando loro, secondo il vostro occhio che andra' sempre piu' affinandosi, i vari valori zonali cercando di individuare e memorizzare la zona che corrisponde al valore V che e' alla base di tutto il discorso fino a qui fatto.
Riassumendo brevemente, se avete intenzione di fare un ritratto, misurate la luce sul volto con lettura spot e aumentate l'esposizione di circa 2 stop, se volete fotografare la neve anche di 3 stop, se avete davanti un gatto nero, oltre agli scongiuri se siete superstiziosi, sottoesponete di 2-3 stop per non trovarvi di fronte ad un gatto grigio topo.
Consiglio infine a chi vuole approfondire il discorso e dedicarsi in particolar modo alla stampa in bianco/nero  classica la lettura dei due volumi di Ansel Adams edizioni Zanichelli.
Infine per chi ha richieste più specifiche da fare, potete contattarmi al mio indirizzo e avrò cura di postare il servizio nel più breve tempo possibile.
Buone foto.

venerdì 17 gennaio 2014

IL SISTEMA ZONALE 4° parte

Vediamo alcuni esempi, purtroppo non posso garantire che quello che vedo io al mio monitor sia identico a quello che vedete voi al vostro, perché saranno sicuramente calibrati in modo diverso, spero comunque di riuscire a far capire il concetto.
In questa foto caratterizzata da un ampia gamma tonale si possono distinguere praticamente tutti i valori della scala del sistema zonale, dal valore O nero profondo al valore X bianco puro.




Quello che dovete memorizzare e' il valore V, corrispondente al grigio 18% e lo potete fare solo procurandovi il cartoncino e osservandolo con i vostri occhi per poi poterlo associare ad ogni situazione.
Come gia' detto se proprio non lo trovate o non lo volete acquistare e' più' o meno il tono dell'asfalto stradale.

In quest' altro esempio possiamo vedere invece il risultato di un esposizione fidandoci dell' automatismo del nostro sistema che rileva  la neve  bianca come grigio 18%.



Possiamo notare che con questo tipo di esposizione abbiamo si una buona leggibilità' nelle alte luci ( zona VII e oltre) ma una luminanza irreale sulla neve in primo piano che risulta nel classico grigio 18% .
Se invece abbiamo capito il concetto e vogliamo rendere la neve nella sua luminanza naturale o quasi, sappiamo che dobbiamo renderla più luminosa, e per far questo dobbiamo sovraesporre almeno di 2 stop come nell' esempio sotto.




Il risultato e' indubbiamente migliore anche se si perdono quasi del tutto i dettagli che prima erano in zona VII e ora a causa della sovraesposizione di 2 stop si trovano in zona IX al limite della leggibilità'.


Nel caso di questo bel gallo nero fidandoci dell'esposimetro avremo sempre un bel gallo ma grigio, sottoesponendo invece di 2 stop abbiamo riportato il pennuto al suo colore originale con il nero in zona II.




Nel caso di situazioni poco contrastate e con soggetti non troppo chiari e non troppo scuri, cioè con poca differenza zonale (3-4 valori) possiamo tranquillamente fidarci del nostro esposimetro




Qui a parte il nero dei tronchi in zona II, il resto dell'immagine cade in zona IV o zona V.

Ma allora come visto con la foto del gallo il sistema zonale non e' solo per il Bianco/Nero!!!

Esattamente, come possiamo vedere anche nel prossimo esempio e' adattabile al colore, ed e' logico che sia così', perché' anche chi pensa e lavora in bianco/nero, dovra' convertire nel proprio cervello un immagine a colori e  desaturarla proprio come in normale programma di fotoritocco.




Nell'ultimo esempio, il ritratto, fidandoci sempre del nostro esposimetro avremo ancora l'incarnato che cade in zona V corrispondente ancora al grigio medio ( lo so sono noioso).



Per restituire la giusta luminanza all'incarnato dobbiamo sovraesporre di 1 o 2 stop, a seconda se il soggetto e' abbronzato o pallido portandolo quindi in  zona VI o zona VII.



Da notare ovviamente che anche il resto dell'immagine acquista di luminosità, in questo caso lo sfondo lo consente, nel caso fosse stato uno sfondo già chiaro in zona VII o superiore ci ritroveremo con uno sfondo molto chiaro, che può essere anche voluto con la tecnica high key ( che vedremo nei prossimi post), ma che puo' perdere ogni dettaglio nel caso invece sia importante mantenerlo.

Buone foto.

giovedì 16 gennaio 2014

IL SISTEMA ZONALE 3° parte

Abbiamo visto fino a qui come funziona e come e' tarato un esposimetro, e come " ingannarlo" quando lui cerca di " ingannare" noi.
Ma cosa c'entra tutto questo con il sistema zonale?
Dobbiamo fare una premessa, il sistema zonale e' una tecnica inventata dal grande fotografo Ansel Adams, utilizzata a suo tempo ovviamente per il bianco/nero, ed e' un procedimento nel suo insieme molto complesso perché riguarda tutte le fasi dello scatto a partire dalla visualizzazione del risultato finale, cioe' l' avere in testa prima dello scatto il risultato che vogliamo ottenere, per passare poi alla fase della misurazione della luce in vari punti della scena inquadrata, la scelta del tipo di pellicola da usare, normalmente lastre di grandi dimensioni , una per ogni scatto, in modo poi da poterle trattare separatamente in fase di sviluppo e stampa in camera oscura.
In fase di stampa infine dopo i vari provini, e dopo avere scelto i reagenti chimici più indicati per il risultato visualizzato, usando la tecnica di mascheratura e bruciatura, si riesce ad ottenere il risultato visualizzato.
Ovviamente ogni stampa e' praticamente unica, raramente due o piu' stampe dello stesso negativo saranno uguali fra loro.
Tornando a noi e ricordando sempre che il nostro esposimetro rendera' sempre il soggetto inquadrato di intensita' uguale al grigio 18%, dobbiamo memorizzare un altro concetto: il grigio 18% corrisponde nella scala del sistema zonale al valore V ( in numeri romani ).
Per capire "sul campo" vi consiglio di fare cosi':
inquadrate un soggetto uniforme che abbia una certa texture, tipo un tronco, una tavoletta di legno, un telo di juta, una fila di mattoni ecc., fotocamera su cavalletto eseguite ora uno scatto " normale" usando un diaframma medio e un tempo di scatto intorno al 1/60 di sec. cambiando la sensibilita' del sensore fino a trovare la coppia giusta.
Avrete cosi' ottenuto l'immagine con valore V.
Fate ora una serie di scatti sottoesponendo volutamente a intervalli di 1 stop cambiando il tempo di esposizione e tenendo fisso il diaframma ( fotocamera in manuale ovviamente), il primo prendera' valore IV e cosi via fino a valore O.
Allo stesso modo sovraesponete sempre di 1 stop alla volta fino al valore X.
Otterrete una serie di scatti riassumibili in una tabella come la seguente:

valore O    1/2000 sec.
valore I      1/1000 sec
valore II     1/500 sec.
valore III    1/250 sec.
valore IV    1/125 sec.
valore V     1 /60 sec.   valore medio grigio 18%
valore VI   1/30 sec.
valore VII  1/15 sec.
valore VIII 1/8 sec.
valore IX    1/4 sec.
valore X     1/2 sec.
Noterete ad un attento esame che i valori III, IV, V, VI, VII permettono una lettura dei dettagli piu' o meno evidente ma sempre possibile , nei valori II e IX invece i dettagli sono praticamente illeggibili, agli estremi della scala  il valore X corrisponde al bianco puro e il valore O al nero profondo.
Nei prossimi post vedremo qualche esempio, nel frattempo rileggete e memorizzate bene il concetto riassunto nella tabella . 
Buone foto.

martedì 14 gennaio 2014

IL SISTEMA ZONALE 2° Parte

Dunque abbiamo appurato che l'esposimetro montato nella nostra fotocamera, anche se professionale e costosissima, e' soltanto un circuito elettronico " stupido", nel senso che non puo' sostituirsi al ragionamento umano e che i dati che lui fornisce non vanno mai presi alla lettera ma interpretati ed adattati alla situazione del momento.
Come ripeto, nella maggior parte dei casi ci possiamo fidare, perché in tante circostanze l'illuminazione e il contrasto della scena, cioe' la differenza fra  le zone in piena luce e quelle in piena ombra, e' modesto, e il nostro esposimetro funziona bene.
Nelle fotocamere piu' moderne o di un certo valore abbiamo anche la possibilita' di scelta per quanto riguarda il tipo di lettura della luce che illumina la scena inquadrata, infatti normalmente oltre alla lettura media su tutta la scena inquadrata, abbiamo anche in alternativa la lettura con prevalenza nella zona centrale o la lettura semispot ancora piu' ristretta o la lettura spot capace di leggere una minima porzione della scena inquadrata, ad esempio il volto di una persona da una certa distanza.
Tuttavia anche utilizzando tutte queste funzioni dobbiamo ricordarci che il nostro esposimetro e' sempre tarato sul grigio medio, e tendera' sempre a restituire una lettura falsata, tranne nei casi in cui il soggetto inquadrato non corrisponda esso stesso al grigio medio.
E allora non possiamo fare niente?
Se il soggetto e' abbastanza vicino possiamo agire in due modi:
1) Procurarsi un cartoncino di colore grigio 18% nei negozi specializzati, avvicinarlo al soggetto mettendolo nelle stesse condizioni di illuminazione e misurare l'esposizione su di esso, ma se non siamo proprio vicinissimi al soggetto occorre una lettura spot o almeno semispot per avere un ridotto angolo di campo.
 Se la fotocamera lo permette usate il blocco esposizione ( vedere il manuale d'uso del modello ) o in alternativa impostare in modo manuale. Io per comodità' invece di misurare sul cartoncino utilizzo la mia borsa che e' più o meno del solito colore.
2)Procurarsi un esposimetro che misuri la luce incidente invece della luce riflessa, cioè la luce che effettivamente colpisce il soggetto e non  quella che riflette verso di noi.
La luce incidente infatti non risente della luminanza del soggetto inquadrato, che sia bianco, nero, rosso o turchese non cambia niente, la luce e' sempre quella.
Allora perche' non usiamo sempre questo tipo di misurazione?
Semplice, perche' a parte il costo dell' acquisto di un buon esposimetro a luce incidente, riconoscibile dalla tipica calotta bianco latte simile a mezza pallina da ping pong, il suo utilizzo e' limitato dal fatto che bisogna posizionarlo vicinissimo al soggetto, quindi non e' adatto per soggetti lontani ma solo per ritratti, foto naturalistica( fiori ecc.) o nature morte con luce naturale o artificiale continua.
Tutto questo ad ulteriore conferma che la situazione fotografica facile capita sicuramente ma capitano anche le situazioni da interpretare e da domare con la nostra tecnica e le nostre conoscenze.
Buone foto.

lunedì 13 gennaio 2014

Il SISTEMA ZONALE 1° Parte

Immaginate una scacchiera un po' diversa dal solito, con le caselle di colore verde medio e rosso medio tipo quelli della bandiera italiana, scattate una foto con la vostra fotocamera regolata in esposizione automatica, che puo' essere a priorita' di diaframmi, di tempo di scatto o uno dei tanti programmi automatizzati che vi fornisce il software della vostra moderna attrezzatura avendo cura di usare una lettura NON SPOT.
 Sicuramente il monitor della fotocamera restituira' un immagine correttamente esposta confermato anche dall' istogramma.
 Diciamo come esempio che avra' dato una coppia diaframma-tempo di f.8 e 1/125 sec.
 Il risultato e' corretto perché l'esposimetro di tutte le fotocamere e' tarato per una certa LUMINANZA , riflessa dal soggetto inquadrato, che corrisponde al famoso grigio medio al 18%, piu' o meno il colore dell' asfalto stradale, e siccome il verde e il rosso delle caselle della scacchiera hanno circa la stessa intensita' del grigio 18%, il risultato sara' corretto, come potete anche verificare scattando la stessa foto in B/N o convertendo dopo in postproduzione.
 Noterete infatti che farete fatica a distinguere i due colori della scacchiera, in quanto saranno due tonalita' di grigio medio molto simili fra loro e molto simili al grigio 18.
 Ricapitolando; le caselle verdi hanno assorbito tutte le lunghezze d'onda dello spettro luminoso tranne quella del verde che viene quindi riflessa verso la fotocamera, e discorso analogo ma opposto per quelle rosse, ed essendo nella condizione ottimale, e' ottimale anche il risultato ottenuto.
Immaginate ora la solita scacchiera con le classiche caselle bianche e nere, ovviamente in numero uguale, se noi inquadriamo e scattiamo ( usando sempre una lettura NON SPOT ),il risultato sara' anche in questo caso accettabile perché l' esposimetro calcola una media fra le caselle bianche e quelle nere, quindi per lui e' come se la scacchiera fosse di colore unito grigio medio, l'immagine restituita dalla fotocamera sara' correttamente esposta con bianchi chiari e puri e neri intensi.
Passiamo invece al un caso difficile di una scacchiera con una grande maggioranza di caselle bianche rispetto a quelle nere, diciamo ad esempio 48 bianche e 16 nere.
Siccome fra il bianco puro e il nero puro c'e' un enorme differenza di luminanza, ( per l'occhio umano il nero ha una luminanza di  1/100 rispetto al bianco ma in effetti e' molto di piu') e siccome l'esposimetro della nostra fotocamera non e' intelligente ed e' stato istruito in modo da leggere ogni luminanza riflessa uguale al grigio medio, dara' l'informazione al computer della fotocamera, di fare in modo di correggere l'esposizione che per lui e' sbagliata, e di rendere il bianco puro delle caselle il più' possibile simile al grigio medio.
Cioe' dira' di abbassare l'intensita' della scena inquadrata, che ricordo e' in gran parte dovuta al colore bianco predominante, e' l'unico modo per farlo e' modificare l'esposizione. 
Infatti la coppia scelta non sarà più  f.8 1/125  ma probabilmente f.8 1/500 o ancora meno e il risultato sarà' una scacchiera con le caselle di colore grigio e nero.
Ovviamente il discorso e' analogo e inverso nel caso di una maggioranza di caselle nere, e più in generale in tutte le situazioni dove c'e' un forte squilibrio con soggetti molto chiari o molto scuri.
Vedremo nei prossimi post come affrontare il problema e uscire fuori brillantemente da questo tipo di situazione. Buone foto.


sabato 11 gennaio 2014

IL SISTEMA ZONALE LA BASE DELLA FOTOGRAFIA Introduzione

Perche' cominciare da qui?
Perche' questo e' l'articolo uno della Costituzione, e' il primo dei dieci comandamenti, e' semplicemente il primo passo per iniziare. E allora perché' se ne parla così' poco o niente? Boh non lo so ma qui rimedieremo.
 Per i giovanissimi di eta' e di passione e' sicuramente un concetto sconosciuto, i più' esperti lo associano, giustamente, al grande fotografo Ansel Adams e alle sue meravigliose stampe in Bianco/nero, conosciute su giornali e riviste del settore.
 Ma il Sistema Zonale e' qualcosa di più', e' la base della fotografia, che come dice il nome derivante dal greco, vuol dire scrivere con la luce, e' un concetto fondamentale, e' la tecnica da imparare per capire come controllare e gestire la luce presente sulla scena, in modo da poterla sfruttare al meglio combinando i vari e tanti parametri che abbiamo a disposizione tramite la nostra attrezzatura.
Perche' e' vero che con la tecnologia di oggi e' praticamente impossibile sbagliare una foto, c'e' sempre poi il modo di aggiustarla in postproduzione , o addirittura di rifare lo scatto correggendolo dopo averlo visualizzato sul monitor della fotocamera, ma partire da uno scatto perfettamente esposto, nelle alte luci o nelle ombre, porterà sicuramente ad un risultato migliore, soprattutto a livello professionale ai forti ingrandimenti, e comunque il conoscere la tecnica consentita' al fotografo di capire prima ancora dello scatto se il risultato che ha in mente avra' successo oppure capire prima che non ci sono le condizioni di illuminazione per raggiungere lo scopo.

Perche' c'e' da mettersi bene in testa che quello che vede l'occhio umano non e' quello che viene registrato dal sensore o dalla pellicola, l'occhio umano ha la capacita' di adattarsi a forti differenze di illuminazione della scena, riesce a leggere bene adattandosi in poche frazioni di secondo, sia le zone fortemente illuminate, sia quelle quasi al buio, tecnicamente di dice AMPIA LATITUDINE DI POSA cosa che non hanno ne' il sensore digitale ne' la pellicola, che normalmente hanno una ridotta capacita' a esporre nel modo corretto tutte le ZONE della scena. E' per questo che si parla di SISTEMA ZONALE e conoscere come funziona non vuol dire riuscire a ottenere sempre scatti perfetti, ma capire in anticipo quello che possiamo ottenere senza sentirsi poi delusi dal risultato, e quando e' possibile interpretare e correggere le indicazioni fornite dalla nostra attrezzatura, manipolandole a nostro piacimento, perché' dobbiamo comandare noi e non la fotocamera.

Andremo a vedere a breve nei prossimi post come funziona questa tecnica, consiglio anche ai neofiti di leggerli anche se alcuni concetti risulteranno sconosciuti e un po' ostici, e magari di tornarci sopra fra un po' di tempo dopo che saranno stati illustrati nelle pagine di questo blog.

Buone foto.

sabato 4 gennaio 2014

PRESENTAZIONE

Buon anno a tutti, ci tenevo a presentarmi e a riallacciarmi al titolo del Blog. Mi chiamo Marco Nesi, nato nell'ormai lontano 1960, sposato, una figlia, diplomato perito chimico, professione che esercito ancora nel settore tessile, nella mia citta' natale, Prato in Toscana. Fotoamatore praticamente da sempre, in pratica dal momento in cui alla fine delle scuole elementari,  all' iscrizione alle scuole medie oltre al programma scolastico tradizionale venivano proposte attività' didattiche integrative, e fra queste c'era il corso di Fotografia. Scuole Medie Piero Cironi di Prato anno 1972, una vita fa'.
Sono stato fra quelli che hanno resistito all' avvento del digitale fino all'ultimo, all' inizio perché' ritenevo a ragione, che la qualità' offerta rispetto alla pellicola, e' stata per anni indubbiamente inferiore, o almeno molto costosa considerando i prezzi delle fotocamere digitali di allora, il repentino invecchiamento delle stesse causato da nuovi modelli sfornati mensilmente, il costo di computers  potenti ecc. Poi la qualità' del digitale ha raggiunto e superato, tranne casi particolari, quella della pellicola, i costi si sono via via equiparati, la qualità' dei laboratori di sviluppo  diapositive e' invece drammaticamente calata, restituendoci spesso telaietti con diapositive rigate e  macchiate che necessitavano di un enorme lavoro in postproduzione per tentarne il recupero, a meno che non rivolgersi a laboratori professionali con costi pero' fuori dalla portata del comune fotoamatore. Quindi a un certo punto sono stato quasi costretto dal progresso a pensionare il mio vecchio corredo di fotocamere Contax, che pero' non ho svenduto ma conservo ancora, e passare ad un corpo macchina digitale, nel mio caso Canon, che mi ha permesso di poter riutilizzare almeno i tanti obiettivi Zeiss che avevo in corredo, pur perdendo ovviamente gli automatismi tipo autofocus, stabilizzatore, e altre diavolerie. In fondo ne ho fatto a meno per 40 anni.  Tuttavia piano piano, sto integrando il parco ottiche anche con oggetti più' recenti, che indubbiamente aiutano in certe situazioni dove conta la velocità' e la prontezza di scatto. Ho invece mantenuto del tutto il vecchio corredo Hasselblad 6x6 destinandolo pero' alla fotografia B/N classica, con sviluppo e stampa in camera oscura, che secondo me e' ancora irraggiungibile dalla stampa digitale, tranne rari casi molto costosi tipo la stampa con pigmenti di carbone . Mi trovo percio' con una specie di sdoppiamento della personalità',  con un lato tradizionalista e  integralista verso il passato e le tecniche con le quali sono cresciuto, e all' opposto il lato progressista aperto alle nuove tecnologie, soprattutto in fase di postproduzione, anche estreme fino a stravolgere lo scatto iniziale. Perché' come detto nel titolo, oggi abbiamo la fortuna di poter tirare fuori da uno scatto una volta da cestinare, un qualcosa che può piacere a chi l'osserva e ne cattura l' attenzione, e in fondo e' quello che cerchiamo quando usciamo di casa con la nostra fotocamera. E' per questo che il mio Blog e' aperto a tutti, e verranno trattati argomenti dedicati a tutti, fotoamatori giovani e inesperti, e meno giovani anche più esperti di me, magari nostalgici delle vecchie tecniche delle quali ormai non si parla più. Spero fra qualche giorno quando il Blog comincerà' ad avere un minimo di visibilta', di ricevere i vostri commenti, positivi o negativi che siano, e il vostro aiuto per riuscire a portare avanti questo progetto per me molto impegnativo come capirete fra un po', e di creare un punto fisso di ritrovo sul web di persone, le più varie, che hanno in comune la passione della Fotografia. Buone Foto.