martedì 25 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS- LE FOTOCAMERE REFLEX

Per chi si dedica alla fotografia da neofita e non ha le idee chiare su cosa fare, e soprattutto non puo' prevedere se la sua nuova passione avra' lunga vita o durera' solo per qualche giorno, sconsiglio di investire cifre importanti nell'attrezzatura.
Eviterei pero' allo stesso modo di iniziare il nuovo hobby usando solo il cellulare o la classica compattina tascabile, non che sia vietato l'utilizzo di tale attrezzatura, anche a me capita di farlo ma scordatevi di imparare qualcosa, tranne forse un minimo di abitudine all'inquadratura e alla composizione, per imparare veramente la tecnica giusta servono altri tipi di fotocamera.
Per chi vuole viaggiare leggero e avere buona parte dell' attrezzatura concentrata in un solo apparecchio, la soluzione migliore e' acquistare una fotocamera bridge, con zoom incorporato dalla grande escursione focale, che svaria dal grandangolo ( moderato) fino al teleobiettivo spinto ( spesso esagerato), adatta anche a riprese ravvicinate quasi macro, dotata di flash incorporato, stabilizzatore di immagine e tante altre funzioni piu' o meno utili. Normalmente pero' manca la funzione piu' importante per chi vuole imparare davvero la tecnica fotografica, manca cioe' il controllo totale e manuale della ripresa, e quindi la possibilita' di intervenire per aggiustare e modificare i parametri che la fotocamera fornisce con i suoi automatismi.
Chi inizia o ha iniziato da un po' di tempo usando questo tipo di fotocamera, fra l'altro nemmeno economicissima, sentira' presto il bisogno di andare oltre, non necessariamente spendendo cifre esagerate, e di avere un' attrezzatura piu' versatile e completa, di qualita' superiore anche se piu' voluminosa e scomoda da portarsi dietro.
Sentira' il bisogno di passare ad un sistema Reflex.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi nell'utilizzo di suddetto sistema?
Partiamo prima dagli svantaggi che sono pochi ma per qualcuno possono essere determinanti per la scelta.
Un sistema Reflex, come dice la parola "sistema", consiste in un insieme di attrezzature, che puo' anche comprendere una o più fotocamere diverse fra loro per caratteristiche tecniche, o semplicemente per poterle usare in sostituzione in caso di guasto di quella principale, di un set di obiettivi intercambiabili e di altri accessori.
Chi usa la pellicola sa benissimo che avere a disposizione due corpi macchina permette di caricarle con pellicole di sensibilità diverse, oppure una a colori e una in bianco/nero, oppure tenere montati obiettivi di diversa focale per essere  sempre pronti per lo scatto giusto, come spesso usato dai fotoreporter  nei decenni passati.
Con il digitale tutto questo non serve, con lo stesso corpo macchina possiamo variare in un secondo la sensibilità del sensore, e con al massimo due zoom siamo in grado di coprire quasi tutte le focali disponibili.
A mio avviso pero' gli obiettivi zoom, insuperabili per praticità, non lo sono ancora per qualità , non tanto per problemi di schema ottico  più complesso rispetto ad un obiettivo a focale fissa come poteva essere decenni fa, ora infatti la differenza e' praticamente ininfluente, ma piuttosto perché un obiettivo a focale fissa rispetto ad uno zoom ha generalmente una apertura massima del diaframma più ampia con tutti i vantaggi del caso.
 Ma avendo  appunto lunghezza focale fissa, obbliga il fotografo che vuole avere una certa libertà di scelta, a portare nel proprio zaino almeno 2-3 obiettivi di diversa lunghezza focale.
Comunque non si deve pensare ad un sistema Reflex come ad un fardello da portarsi dietro, specialmente se si hanno le idee chiare su cosa andremo a fotografare, il peso da portare con se e' assolutamente sopportabile e l'ingombro e' quello di una borsa da signora.
A fronte di questi impicci e scomodita' avremo pero' aperte le porte verso la possibilita' di realizzare la fotografia che abbiamo in testa, e di riprodurre nel miglior modo possibile, secondo la nostra interpretazione, la scena che abbiamo davanti.
La fotocamera reflex prima di tutto ci permette di vedere nel mirino esattamente quello che stiamo inquadrando, i modelli più professionali consentono una visione al 100% della scena , ma anche le più economiche che ritagliano un po' l'inquadratura portandola intorno al 95% vanno benissimo, in quanto anche se ci accorgiamo poi di avere inquadrato ai lati dell'immagine qualcosa di indesiderato, lo possiamo sempre ritagliare successivamente, cosa che non era ovviamente possibile usando pellicole diapositive, dove al contrario bisognava stare un po' più "larghi" con l'inquadratura, per preventivare la scomparsa di soggetti ai bordi dovuta alla copertura del telaietto.
Questo tipo di visione realistica e' dovuta al fatto che la luce che passa attraverso l'obiettivo e' momentaneamente deviata dallo specchio, da qui il nome reflex, verso un pentaprisma che raddrizza l'immagine, indirizzandola verso l' oculare per poi lasciarla passare, sollevandosi al momento dello scatto, verso il sensore digitale o la pellicola.
La seconda caratteristica fondamentale delle fotocamere reflex e' la possibilita' di cambiare l'obiettivo passando cosi dal grandangolo, al normale o al tele e perché no anche allo zoom a seconda del bisogno, oltretutto con una grandissima possibilita' di scelta specialmente nel caso di utilizzo di corpi macchina delle maggiori case produttrici tipo Canon o Nikon.
Oggi per la verita' questa possibilita' non e' più un esclusiva del sistema reflex ma esistono anche altri tipi di fotocamere chiamate mirrorless, che non hanno quindi il caratteristico specchio all'interno, che consentono l'intercambiabilita' degli obiettivi con il vantaggio di una maggiore compattezza, di una maggiore silenziosita' e senza le vibrazioni dovute al sollevamento dello specchio stesso che possono causare micromosso e perdita di nitidezza.
E' un settore per me ancora nuovo, che mi sembra interessante anche se i costi sono piuttosto alti, e che mi riservo di commentare meglio nei prossimi post.
Le fotocamere reflex digitali hanno di norma il sensore di dimensioni maggiore rispetto ad altri tipi di fotocamera, fino ad arrivare nei modelli al top della gamma al cosiddetto pieno formato o full frame corrispondente al formato standard 35mm della pellicola che misura 24x36 mm.
Senza dilungarmi ora troppo sui vantaggi di un sensore grande, posso intanto dire con parole semplici che tutti i tipi di sensore sono costituiti da un supporto sul quale sono inseriti dei fotodiodi o pixel , che hanno la capacita' di catturare la luce che li colpisce e trasformarla in segnale elettrico che il processore della fotocamera convertira' in immagine.
Il pixel e' l'unita' di misura indivisibile responsabile del dettaglio dell'immagine, ed e' intuitivo pensare che piu' pixel ci sono in un sensore, maggiore dettaglio riusciremo ad ottenere, oggi siamo arrivati oltre i 25 milioni di pixel, e si potrebbe credere che la tecnologia riesca in breve tempo a moltiplicare ulteriormente tali valori.
Non e' proprio così , perché anche ammesso di riuscire a costruire dei pixel ancora più piccoli, e di stiparne a decine o centinaia di milioni sul sensore, non avremo molto probabilmente un aumento della qualita' e del dettaglio, anzi avremo un peggioramento dovuto alle dimensioni troppo piccole dei diodi che catturano quindi poca luce, in più si faranno ombra fra di loro e sara' necessario aumentare l'amplificazione del segnale elettrico in modo esagerato, e tale da creare disturbo elettronico eccessivo, il cosiddetto rumore di fondo.
E' infatti dimostrato che e' meglio avere meno pixel in un sensore più grande, piuttosto che più pixel in un sensore piccolo, e' preferibile quindi, badget permettendo, utilizzare fotocamere con il sensore full frame che nelle situazioni critiche di scarsa illuminazione dove si nota maggiormente il disturbo elettronico nelle zone scure dell'immagine, consente di contenere tale disturbo a tutto vantaggio della qualita' finale.
Cio' che rende insostituibile il sistema reflex rispetto ad altri modelli e' secondo me la possibilità' di gestione manuale di tutte le funzioni.
E' senz'altro possibile utilizzare i programmi di esposizione predefiniti impostati dal computer della fotocamera per avere immagini accettabili nelle varie situazioni, paesaggio, ritratto, macro ecc. così come e' possibile utilizzare l'automatismo a priorità' di diaframma o di tempo di scatto, l'importante e' pero' avere anche la possibilità  di intervenire con le opportune correzioni, quando per noi sono necessarie, senza fidarsi troppo dell'esposimetro della nostra fotocamera.
Invito a tale riguardo a leggere i miei post precedenti relativi al sistema zonale e all'esposizione.

venerdì 14 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS - LA COMPOSIZIONE- LA REGOLA DEI TERZI

Perché una fotografia attira la nostra attenzione mentre altre no?

Dipende solo dal soggetto e dalla scena, o c'e' invece qualche ragione  più misteriosa che al momento non riusciamo a comprendere, e che ci indirizza in un senso o nell'altro?
Una ragione c'e', l'interesse che suscita un' immagine in chi la osserva dipende molto da come viene presentata, se ad esempio la presentazione e' importante in cucina nel servire in tavola un piatto, dove dovrebbe essere al primo posto il senso del gusto, poi dell'odore e infine della vista, figuriamoci se parliamo di immagini dove l'unico senso che conta e' quello della visione.
Per presentazione non mi riferisco alla cornice o altri abbellimenti di contorno, sto parlando proprio di quello che c'e' dentro la cornice, cioe' la scena inquadrata e da noi rappresentata.
Cosi come in musica, tanto per continuare con gli esempi, ci sono delle regole armoniche da rispettare, dettate da leggi fisiche che regolano i rapporti fra le varie lunghezze d'onda e frequenze del suono, caratteristiche di ogni singola nota o tonalita', e  andare contro di esse ci fa avvertire che c'e' qualcosa di stonato pur non sapendo niente di musica, allo stesso modo di fronte ad un' immagine potremmo avere la percezione che qualcosa non va.
E' successo semplicemente che in quell'immagine non sono state rispettate le regole dell'armonia visiva, cioe' della composizione.
Queste regole da rispettare non sono poi tantissime, le descrivero' brevemente in ordine di importanza
secondo il mio modesto parere, a volte spostandomi anche un pochino dai canoni classici.

Regola n° 1

E' FONDAMENTALE che chi osserva un' immagine, nel nostro caso una fotografia, riesca ad individuare a colpo d'occhio il soggetto, cioe' il cervello deve essere in grado di analizzare e indirizzare in pochi secondi lo sguardo verso il punto strategico della scena che ha di fronte, obbligando lo sguardo stesso a dirigersi subito verso tale punto, e a restare su di esso per il tempo necessario alla visione considerando il resto della scena come un complemento, usa sorta di visione periferica, che il cervello registra ma non considera importante quanto il soggetto principale.
Se un'immagine non ha un soggetto predominante, lo sguardo di chi la osserva vaghera' a vuoto per cercarlo, poi dopo  pochi secondi  mandera' un segnale al cervello, che con tutte le cose che ha da fare non ha tempo da perdere, dicendogli di abbandonare la visione e dedicarsi ad altro.
Quindi al momento dello scatto dobbiamo avere ben chiaro in mente cosa ci ha colpito nella scena che abbiamo di fronte, dobbiamo chiederci poi se puo' interessare allo stesso modo altri osservatori, e solo successivamente tramite la tecnica, trovare il modo di rendere tale sensazione in un'immagine bidimensionale come quella di una fotografia.
Allenatevi ad osservare immagini famose, che siano fotografie oppure pitture ha poca importanza, dopo poco tempo sarete in grado di ricoscere in loro il soggetto principale e a capire perché il vostro sguardo si e' fermato proprio li.

Regola n°2

RIPULITE  LA  SCENA, cioe' togliete tutto quello che non serve e che quindi diventa elemento di disturbo e di distrazione, analizzate bene quello che appare nel mirino della vostra fotocamera e cercate di escludere dall'inquadratura gli elementi inutili sullo sfondo, o davanti al soggetto, o che sbucano da un lato solo con lo scopo di rovinare il vostro lavoro.
E' vero che con la moderna tecnologia ed un programma di fotoritocco tante cose si possono migliorare dopo, ma e' sempre meglio partire con il piede giusto pensando che lo scatto che state per fare e' l'unico della giornata e non e' modificabile.
Tante volte ci accorgiamo guardando una nostra foto a monitor o stampata, di un particolare che prima ci era sfuggito in fase di ripresa, questo perché presi dalla scena e dalla smania non abbiamo posto abbastanza attenzione a tutti i particolari inquadrati, mentre bastava spostarsi di pochi centimetri per escludere dall'inquadratura l'elemento di disturbo.

Regola n°3

 LA SCELTA DEL FORMATO in fase di ripresa ovviamente dipende dal tipo di fotocamera usata e dal suo sensore, e qui abbiamo poche possibilita' di intervento, se il nostro sensore o pellicola hanno formato rettangolare, la scena inquadrata sara' registrata con lo stesso formato, possiamo solo scegliere se darle uno sviluppo orizzontale o verticale.
La scelta e' soggettiva ma non deve essere casuale, ci sono soggetti che si prestano meglio ad inquadrature orizzontali e altri ad inquadrature verticali, a volte e' anche difficile fare una scelta perché il risultato e' interessante in entrambi i casi ma va comunque fatta.
Non proponete mai contemporaneamente la visione dello stesso soggetto ripreso con due inquadrature diverse, sceglietene una e basta, l'altra archiviatela e magari tornera' utile a distanza di un po' di tempo.
Per mio gusto personale preferisco di solito il formato orizzontale per i soggetti a più largo respiro, tipo ampi paesaggi ripresi da lontano, mentre uso il formato verticale quando voglio mettere in risalto un soggetto ben definito, cercando di isolarlo da tutto il resto.
Questo e' valido solo in linea di massima poi le eccezioni sono tante, in ogni caso il formato rettangolare tende a restituire un senso di dinamicita' all'immagine, proprio per la sua natura asimmetrica che ci porta a collocare il soggetto principale in una delle zone auree che sono, dividendo il rettangolo in tre parti orizzontali e in tre parti verticali, i punti di intersezione di tali linee.
E' la famosa e conosciuta da secoli REGOLA DEI TERZI, valida sia in fotografia sia in pittura.




I punti rossi sono quelli dove l'occhio umano  si aspetta di trovare il soggetto principale, proprio  come ascoltando un brano musicale dopo un accordo ci si aspetta di trovare il successivo, secondo la logica dettata dalle regole dell'armonia alle quali il nostro orecchio e' abituato.
Quindi, come regola generale, se nella scena inquadrata c'e' un soggetto da evidenziare, ponetelo in uno dei quattro punti di intersezione, se si tratta invece di un paesaggio collocate l'orizzonte lungo una delle due linee orizzontali dando quindi una maggioranza al cielo o alla terra.


                                                         Finestrina in zona aurea




                                      Orizzonte che taglia circa ad un terzo il fotogramma

Ovviamente non e' categoricamente proibito collocare il soggetto al centro, cosi come la linea dell'orizzonte puo' anche dividere esattamente a meta' il cielo e la terra, l'importante e' essere consapevoli che cosi facendo daremo all'immagine un senso di stabilita' e di immobilità , che con certi soggetti puo anche essere la giusta rappresentazione.
Questo avviene normalmente usando il formato quadrato, che si presta molto bene appunto per la sua caratteristica di perfetta simmetria, a donare al soggetto quella caratteristica sensazione di calma e staticità, specialmente posizionando il soggetto al centro.



  Orizzonte che separa in due parti uguali il cielo dalla terra, e il sole esattamente centrale nel       fotogramma quadrato.
Il massimo della sensazione di stabilita' e immobilità' .




Regola n° 4

Qualche decina di anni fa andava di moda mettere in evidenza il soggetto, spesso una figura umana inserita in un contesto ambientale, facendogli indossare un abito, un ombrellino o un altro particolare di colore molto acceso, generalmente rosso o giallo, per attirare su di esso ancora più attenzione.
Poi c'e' stato un abuso di tale tecnica che e' diventata noiosa e troppo vista, pero' il principio rimane valido, in quanto un soggetto di colore caldo come appunto il rosso, il giallo o l'arancio, attira di più lo sguardo su di esso rispetto ad uno con tonalita' neutra o fredda.
Questo si evidenzia ulteriormente se il soggetto e' posto su uno sfondo neutro o di colore complementare, infatti un soggetto rosso su sfondo verde appare ancora più rosso, così  come uno giallo su sfondo blu appare ancora più giallo.



Il risultato estetico ottimale secondo me, si ottiene quando il soggetto colorato, posto in una delle zone auree, e' bilanciato dalla parte opposta, da un richiamo di tonalita' simile al soggetto ma molto meno invadente, per non distrarre  dal soggetto principale e  rendere invece l'immagine meno squilibrata.



mercoledì 12 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS- FOTOGRAFARE GLI ANIMALI


  " Se vuoi catturare un topo devi ragionare come un topo".

Diceva più o meno questo nel film  "un topolino sotto sfratto" il cacciatore professionista di topi incaricato di liberare una vecchia casa dall' indesiderato inquilino.
E' una metafora per dire che nella fotografia di animali selvatici nel loro ambiente naturale, e' necessario conoscere a fondo le loro abitudini e il loro modo di vivere, e imitarle alla perfezione calandosi nel loro ambiente e nella loro vita quotidiana.
Bisogna comportarsi come i cacciatori che studiano la loro preda, essi sanno dove e a che ora si ferma per bere o per riposare, in quale tana o nido ha deciso di riprodursi ecc.
La differenza e' che invece delle cartucce si sparano scatti fotografici ma il concetto e' lo stesso, chi vuole avvicinare animali selvatici nel loro ambiente naturale deve muoversi come loro, stessi orari, stesso modo silenzioso di muoversi, molte precauzioni da prendere per non far notare la propria presenza, usando abiti con colori di tonalita' neutra, muovendosi sotto vento, non usando profumi e scordarsi la sigaretta, che oltre che pericolosa per il bosco, puo' anche rivelare la nostra presenza al fiuto finissimo di un animale.

                                 Cucciolo di volpe al risveglio Parco dell'Uccellina Grosseto

Sono partito dal caso più estremo per quanto riguarda la fotografia naturalistica di animali, quella che riguarda la ripresa di soggetti selvatici nel loro ambiente selvatico, dove sono necessari lunghi spostamenti e pedinamenti, spesso seguendo le orme e le tracce da loro lasciate, e anche lunghi appostamenti anche notturni da soli, al riparo di un piccolo capanno o di un telo mimetico.
Certo oggi abbiamo anche la tecnologia che ci aiuta, possiamo infatti creare una gabbia di fotocellule che fanno scattare la fotocamera al passaggio dell'animale magari all'ingresso della sua tana, ma prima dobbiamo comunque sapere qual è il sentiero preferito e qual'e' la tana, altrimenti dove piazziamo la nostra trappola elettronica?
E' necessaria  quindi una lunga fase di studio preliminare e numerose prove di appostamento prima di vedere nel nostro mirino la preda, tranne nei rari casi di incontri fortuiti che ci troveranno in ogni caso probabilmente impreparati per l'evenienza.
Un' uscita del genere e' molto faticosa per il disagio duvuto agli spostamenti in ambienti non proprio comodissimi, alle condizioni climatiche e anche al peso dell'attrezzatura, dovendo spesso operare a distanze notevoli dal soggetto, e rendendosi necessario quindi l'utilizzo di lunghi teleobiettivi dal peso considerevole, cosi come il loro costo.
 Diciamo che chi si dedica a questi soggetti non lo fa solo per passione ma anche come professione, per documentare attraverso  riviste del settore ( ora abbiamo anche la possibilita' di realizzare filmati Full HD, grazie alle moderne fotocamere che hanno questa funzione), il lavoro svolto e cercando anche di trarne un certo ritorno economico.
Per ottenere buone foto di animali pero' non e' sempre indispensabile dormire nel bosco, ci sono tanti luoghi dove la fauna e' abbondante e molto piu' facilmente avvicinabile, mi riferisco ad esempio per chi ne ha la possibilità, ai tanti safari fotografici africani, o ai più abbordabili viaggi nei grandi parchi naturali europei.
Ovviamente non troveremo specie rarissime ma sara' sempre una bella soddisfazione trovarsi vicino ad animali ugualmente selvatici.
Tanti altri si dedicano alla fotografia di volatili in appostamento, cioe' stando nascosti dentro ad un capanno o coperti da un telo mimetico, nei pressi normalmente di zone palustri che attirano gli animali per l'acqua e per il cibo abbondante, e comodamente seduti inquadrano attraverso le fessure del capanno il volatile di turno tramite potenti teleobiettivi di focale lunghissima, normalmente 600mm, spesso anche con moltiplicatore 1,4 X, dotati di autofocus e montati su robustissimi cavalletti altrimenti difficilmente trasportabili nella foto di azione.


Una combinazione estrema con Canon 7D unita a telescopio con focale 1300 mm, il soggetto era a circa 100 metri di distanza.
Nonostante tutto l'immagine risultante e' correttamente composta ed esposta e di nitidezza accettabile.

Non rinunciate a priori neanche ad una gita allo zoo, anche se eticamente molto discutibile trattandosi di animali in cattività , possiamo ottenere dei buoni primi piani di animali con una attrezzatura molto semplice e facilmente trasportabile.


                                                Cucciolo di rapace nato in cattività 


                                     Un altro semplice scatto catturato in un parco cittadino

Per concludere non escludetevi la possibilita' di fotografare gli animali domestici, non parlo di canarini in gabbia o polli in batteria, ma con i nostri amici a quattro zampe più comuni, cani e gatti, possiamo realizzare oltre alle nostre foto ricordo, anche un qualcosa di più artistico da trasformare anche in business, attrezzando un locale a sala di posa per realizzare foto da inserire magari in calendari, riviste specializzate ecc, o anche per la semplice gioia del proprietario dell'animale felice di pagare qualche euro per avere un ricordo del suo amico del cuore che si stacca dalla consueta banalità'.


La tecnica e l'attrezzatura sono quelle del ritratto ai bambini, servono più che altro buon gusto, prontezza di riflessi e pazienza ma in questi tempi di crisi puo' essere un settore interessante a cui dedicarsi.


martedì 11 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS - LA MACROFOTOGRAFIA

In questo post parleremo a grandi linee di macrofotografia naturalistica, tralasciando volutamente quella che ha come soggetto tutto quello che non e' stato creato dalla natura ma dall'uomo, non per snobbismo  ma perché secondo me la fotografia di oggetti creati dall'uomo, tipo gioielli, orologi e manufatti in genere, riguarda più lo still life o la foto pubblicitaria.
Tutto cio' che invece esiste sulla terra senza l'intervento umano, fotografato da vicino, rientra sempre secondo me, nel mondo della macrofotografia naturalistica.
I soggetti più rappresentati in macrofotografia appartengono al microcosmo del regno animale, normalmente si tratta di insetti e piccole creature, o al regno vegetale per quanto riguarda principalmente i fiori e i loro dettagli, più raramente volgiamo l'interesse verso il regno minerale, visto più come un settore scientifico specifico.
La prima distinzione da fare riguarda la differenza fra la fotografia a distanza ravvicinata e la vera macrofotografia, in questo post non tratteremo di microfotografia essendo un settore estremo ancora più specialistico.
                          Esempio di fotografia ravvicinata scattata a circa 30 cm dal soggetto.





                                         Un altro esempio sempre alla stessa distanza

Dobbiamo prima di tutto capire il concetto di fattore di ingrandimento:
prendendo come esempio il formato 24x36mm della pellicola o del sensore full frame, fotografare un soggetto con rapporto di ingrandimento 1:1 vuol dire avere riprodotto sul sensore il nostro soggetto nelle sue dimensioni reali, ad esempio se stiamo fotografando una coccinella lunga 1 cm, avra' le stesse dimensioni anche sul sensore.
Per semplificare il concetto:

1:10 il soggetto e' riprodotto con dimensioni 10 volte più piccole del reale
1:1   il soggetto e' riprodotto con dimensioni reali
10:1 il soggetto e' riprodotto con dimensioni 10 volte più grandi del reale.


                           In questo caso siamo molto più vicini a questi piccolissimi funghetti


                                                Così come in questo altro esempio

Normalmente quando il soggetto e' riprodotto con dimensioni più piccole del reale, da circa 1:10 a 1:2, cioe' fino alla meta' delle sue dimensioni reali, si parla fotografia a distanza ravvicinata come nel caso di fiori e insetti ambientati.
Si parla di vera macrofotografia nei rapporti che vanno all'incirca fra 1:2 e 2:1, cioe' dalla meta' al doppio delle dimensioni reali.
 Per ingrandimenti superiori si parla di macrofotografia spinta fino ad arrivare alla microfotografia per la quale serve il microscopio.
Fino a che ci si limita alla fotografia ravvicinata e' sufficiente un' attrezzatura molto limitata, spesso basta una buona fotocamera anche non reflex tipo i modelli bridge ( vedi post ), e un obiettivo che consenta una messa a fuoco sotto il mezzo metro di distanza, in molti casi non e' neppure indispensabile il cavalletto.
Volendo fotografare il soggetto più  da vicino ma siamo ormai alla distanza minima concessa dal nostro obiettivo, abbiamo due alternative: la prima e' montare una lente addizionale davanti all'obiettivo, che non e' altro che una lente con fattore di ingrandimento variabile a  seconda  delle diottrie, che ingrandisce appunto il soggetto pur perdendo un po' di qualita' ai bordi immagine, in compenso non perdiamo niente in luminosita'.
La seconda alternativa e' montare uno o più tubi di prolunga fra il corpo macchina e l'obiettivo, ovviamente parliamo di reflex, che ci permette di mettere a fuoco molto più da vicino, come controindicazioni abbiamo la perdita della messa a fuoco all'infinito ma in macrofotografia non serve, e la perdita di luminosita' dell' obiettivo, anche di parecchi stop, che ci obbliga a tempi di scatto più lunghi da dover  utilizzare il cavalletto, o ad aprire al massimo il diaframma  con conseguente ridottissima profondita' di campo, oppure all'utilizzo del flash.
Per fare la vera macrofotografia senza stressarci troppo la cosa migliore e' acquistare un vero obiettivo macro in grado di raggiungere senza utilizzare accessori il rapporto 1:1.


   Uno scatto ad un Ceriantus nel mio acquario, l'animale mi ha fatto compagnia  per quasi 10 anni.

Ovviamente e' anche la spesa più costosa, si va da qualche centinaio di euro fino agli oltre mille, dipende dal budget a disposizione.
Quelli più economici hanno una lunghezza focale intorno ai 50 mm sono abbastanza luminosi ma costringono ad avvicinarsi molto al soggetto fino a sfiorarlo con la lente anteriore, il che non e' un problema fotografando un fiore ma lo e' senz'altro se siamo davanti ad una libellula che non si fara' avvicinare tanto facilmente.
Quindi io consiglio di orientarsi almeno su focali di 100 mm o meglio ancora di 180/200 mm, che sono si più costose e pesanti ma ci consentono di stare ad una certa distanza dal soggetto disturbandolo meno.
Un interessante compromesso che al momento e' quello che uso anch'io, e' una focale da 100mm luminoso come il mio Canon f 2,8 macro stabilizzato accoppiato in caso di necessita' ad un moltiplicatore di focale 1,4 x, che trasforma l'obiettivo in un 140 mm di focale, con la perdita di 1 solo stop diventando in pratica un  f.4.



   In questo caso siamo nel campo della vera macrofotografia, eseguita con l'attrezzatura sopra descritta


Tecnicamente parlando la macrofotografia e' secondo me il settore più difficile, per specializzarsi occorre veramente passione, e tanti ci provano, poi mollano, poi ci riprovano ogni tanto.
In essa sono concentrate tutte le difficolta' che un fotografo puo' trovare, occorre infatti una discreta attrezzatura, un' ottima tecnica, velocita' di esecuzione e tanta, tanta esperienza e pazienza.
Lavorando con soggetti tanto piccoli e vicini, la difficolta' principale e' quella della messa a fuoco e della profondita' di campo che e' veramente ridottissima, a volte si tratta di frazioni di millimetro, in pratica in un primo piano ad una mosca possiamo avere a fuoco un occhio e sfuocato l'altro.
Dobbiamo quindi usare diaframmi molto chiusi per avere una profondita' di campo accettabile, e per far questo come ormai penso sia chiaro a tutti i lettori, dobbiamo usare tempi di scatto più lenti, il che vuol dire cavalletto obbligatorio con tutte le difficolta' per posizionarlo e usarlo a ridosso del soggetto, oppure aumentare la sensibilita' ISO andando contro la regola che dice che in macrofotografia e' essenziale la massima nitidezza e il massimo dettaglio.
E' per questo che serve una grande esperienza, per trovare di volta in volta il giusto compromesso, tenendo anche conto che le difficolta' non finiscono qui.
Infatti scordatevi di usare l'autofocus, anzi spesso e' utile la funzione live wiev per una messa a fuoco di precisione ingrandita, cosi come e' praticamente inservibile l'eventuale stabilizzatore d'immagine, dovrete poi combattere molto spesso con il vento e i movimenti del soggetto, e studiare l'inquadratura cercando un sfondo che metta in risalto il soggetto, che non ha spesso nessuna voglia di collaborare e stare in posa per noi, e che si concede magari solo nelle fresche mattine obbligandoci a levatacce all'alba.


                                Le alzatacce anche con la cattiva stagione sono indispensabili.

Qualcuno di questi problemi li risolve l'uso del flash ma a parte il risultato estetico ottenibile che non a tutti piace me compreso, spesso il piccolo flash incorporato e' inservibile perché troppo a ridosso dell'obiettivo che fa ombra, va un po' meglio se usiamo un flash separato montato sulla slitta superiore ma anche in questo caso la luce e' molto dura e diretta, direi irreale.
Possiamo montare il flash su una staffa esterna per avere una luce laterale, va meglio ancora se i flash sono due, uno per lato, l'ingombro pero' in questo caso e' notevole.
Esistono dei kit appositi formati da una coppia di minuscoli flash con intensita' regolabile separatamente, il costo pero' non e' per tutte le tasche, oppure ci sono i flash anulari, a lampada o a led, da avvitare davanti all'obiettivo e che forniscono una luce uniforme avvolgente, quindi piatta e senza ombre, anche in questo caso irreale.
Spero di non avere scoraggiato nessuno ma di aver fornito invece una panoramica sintetica ma completa su tutte le problematiche che per forza di cose si trovera' davanti chi vorra' provare o specializzarsi in questo difficile settore.
Vi consiglio di navigare in rete alla ricerca dei tanti siti o forum che trattano l'argomento per documentarvi il più possibile come ad esempio il bellissimo 
http://www.fotoemozioni.it
che tratta tutti gli argomenti di fotografia naturalistica  compresa la macro.





lunedì 10 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS - IL PAESAGGIO

Alcuni semplici consigli per chi si vuol dedicare alla foto di paesaggio.
Puo' sembrare uno dei soggetti più facili a cui dedicarsi, indubbiamente e' uno dei più sfruttati da viaggiatori e principianti, per i primi e' quasi un obbligo, spesso anche per giustificare per immagini l'ultimo costoso viaggio, per i secondi trattandosi di un soggetto immobile, con illuminazione normalmente facilmente controllabile, e' un soggetto che si presta bene pur non avendo grande dimestichezza con la propria, come necessario invece con  soggetti più dinamici.
Bisogna pero' seguire ugualmente le regole basilari della fotografia.
Dobbiamo per prima cosa individuare il vero soggetto che ci interessa evidenziare,  cioe' capire cosa  attira la nostra attenzione all'interno della scena, per poi trasmettere la stessa sensazione a chi osservera' in seguito il nostro lavoro.



Il soggetto puo' essere un primo piano, come ad esempio un albero o uno scoglio, puo' essere  anche un maestoso cielo nuvoloso o il mare in tempesta, l'importante e' capire cosa ci emoziona, se non c'e' niente che a noi sembra particolarmente attraente, e' inutile sperare che possa interessare il malcapitato che si trovera' davanti alla nostra foto.



Se abbiamo trovato un soggetto interessante dobbiamo fare in modo di renderlo tale anche agli altri.
Per prima cosa consiglio di scegliere il taglio da dare alla foto, verticale o orizzontale ( piu' raramente quadrato, anche se a me piace molto per rendere la  sensazione di statiticita' di alcuni soggetti).
Possiamo scattare in entrambe le versioni ma mi raccomando, fate vedere solo quella che per voi e' la migliore, due foto uguali cambiando solo il taglio, sono una cosa noiosa e trasmettono a chi osserva la vostra insicurezza nella scelta.
Scegliete quindi la lunghezza focale del vostro obiettivo zoom, anche se io preferisco usare quando e' possibile le focali fisse, e prendetevi il tempo necessario per fare un' accurata misurazione esposimetrica della luce come descritto nel post specifico, impostando il valore ISO più basso possibile e un diaframma chiuso ma non al massimo , meglio 1 o 2 STOP in meno per avere la massima resa qualitativa, il tempo di scatto conseguente non e' di fondamentale importanza perché si presuppone l'uso del  cavalletto.
Per il fotografo di paesaggio non deve essere un sacrificio alzarsi all'alba o trattenersi sul posto fino al crepuscolo, perché  proprio in questi orari abbiamo la luce migliore, sia come colore sia come taglio radente, in grado di mettere in risalto la plasticità di una scena altrimenti piatta, come nel caso della luce piena e dura di mezzogiorno.



Cercate di evitare i cieli biancastri e slavati, meglio escluderli quasi completamente dall'inquadratura, oppure usate un filtro digradante per scurire la parte superiore del fotogramma, anche se io sono di solito contrario all'uso dei filtri perché anche se di ottima qualità' sono sempre un corpo estraneo in uno schema ottico ben preciso, formando sempre uno spazio vetro-aria che in qualche modo influisce sulla qualità finale.
 Secondo me non e' nemmeno conveniente tenere sempre montato, come fanno in tanti, il filtro UV a protezione della lente frontale, meglio tenere montato un robusto paraluce.
E' consentito l'uso del filtro polarizzatore in casi particolari ma solo se di ottima qualità.
Come regola dovreste dimenticarvi di avere in tasca dieci rullini di diapositive, o la scheda di memoria dalla capienza infinita, dovete invece studiare la scena che avete davanti e concentrarvi su di essa come se quella che state per scattare e' l'unica foto della giornata.



Quindi, fotocamera sul cavalletto, inquadratura precisa controllando che l'eventuale linea di orizzonte non sia inclinata da una parte, attenzione che non entrino nell'inquadratura soggetti di disturbo che a prima vista non sono stati notati, soprattutto vicino ai bordi, paraluce montato e se la fotocamera lo permette, usate la funzione di sollevamento specchio e usate uno scatto a distanza, o almeno l'autoscatto impostato su 2 secondi per non toccare la fotocamera al momento dello scatto, perché la foto di paesaggio, e naturalistica in generale, richiede sempre la massima nitidezza possibile.

venerdì 7 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS - L'ESPOSIZIONE PERFETTA CONCLUSIONI

Adesso dovrebbe essere abbastanza chiaro il funzionamento dei tre parametri  responsabili della corretta esposizione, ed esaminati singolarmente nei post precedenti, riassumendo brevemente:
L' aumento della sensibilita' ci permette di ottenere immagini correttamente esposte anche in caso di scarsita' di luce ma a scapito di una diminuzione della qualita' finale, l'apertura del diaframma ci permette di controllare la profondita' di campo, cioe' la zona dell'immagine che appare a fuoco, mentre il controllo del tempo di scatto ci consente di contenere il rischio di mosso involontario dovuto al fotografo, o al soggetto in movimento, tranne nei casi dove l'effetto e' voluto.
Nei tre post precedenti riguardanti i singoli parametri, ho evidenziato il fatto che in tutti e tre i casi dobbiamo imparare a ragionare in termini di stop, cioe' ripeto ancora, ogni volta che modifichiamo in piu' o in meno uno qualsiasi dei tre parametri, abbiamo una variazione in piu' o in meno di 1 stop, quindi vuol dire far passare il doppio o la meta' della quantita' di luce che raggiunge la pellicola o il sensore digitale, rispetto alla situazione di partenza.
Facciamo qualche esempio pratico:

 Sensibilita'  100 ISO
Diaframma  f, 8
Tempo di scatto  1/250 sec.

Questa e' una combinazione di valori tipica di una foto scattata all'aperto con buona quantita' di luce, corrispondente ad esempio ad intensita' di 5000 lumen ( ne parlero' in un apposito post, il lumen e' l'unita' di misura dell'intensita' luminosa, misurabile con appositi apparecchi elettronici).
L'esposizione risulta corretta, soprattutto se abbiamo seguito le regole descritte nei post che parlavano del sistema zonale e del funzionamento degli esposimetri, ma risulterebbe corretta  anche impostando valori diversi, cioe' spostando in termini di stop i valori dell'esempio sopra, e ottenendo ugualmente la stessa identica giusta esposizione.
Possiamo ad esempio mantenere la stessa sensibilita'  aumentando di 2 stop il diaframma e diminuendo contemporaneamente di 2 stop il tempo di scatto.
Avremo quindi:

Sensibilita'  100 ISO
Diaframma  f.4   ( due stop in più)
Tempo di scatto   1/1000 sec.  ( due stop in meno).

Con questa regolazione avremo la stessa quantita' di luce in lumen che passa attraverso l'obiettivo ma usando un diaframma piu' aperto avremo una  profondita' di campo più ridotta ma con un minore rischio di mosso dovuto al brevissimo tempo di scatto.
Questa situazione potrebbe essere quella tipica delle foto di ritratto.

Oppure:

Sensibilita' 100 ISO
Diaframma  f. 16 ( due stop in meno rispetto al primo esempio)
Tempo di scatto   1/60 sec. ( due stop in piu').

Abbiamo  ancora la stessa quantita' di luce a disposizione ma usando un diaframma piu' chiuso otterremo una  profondita' di campo maggiore, mentre di conseguenza il tempo di scatto più lento, potrebbe essere a rischio di mosso e rendere necessario l'uso del cavalletto.
Questa potrebbe essere una tipica situazione di fotografia di paesaggio.

Ancora, potremo mantenere i valori di diaframma o di tempo di scatto del primo esempio e variare la sensibilita':

Sensibilita'  800 ISO  ( tre stop in più)
Diaframma  f.8 ( uguale)
Tempo di scatto 1/2000 sec. ( tre stop in  meno).

Con questa configurazione avremo una perdita di qualità dovuta all'aumento della sensibilità ma usando un tempo di scatto più veloce saremo avvantaggiati potendo scattare a mano libera e/o in caso di un soggetto in movimento come nella  foto sportiva.

Per finire con gli esempi:

Sensibilità 800 ISO (  tre stop in più sempre rispetto al primo esempio)
Diaframma  f.22 ( tre stop in meno)
Tempo di scatto 1/60 sec. (uguale)

Tipica situazione di foto in interni poco illuminati, ad esempio una chiesa, dove alzando la sensibilita' possiamo usare un diaframma molto chiuso per avere tutto a fuoco, da pochi metri all'infinito, pur usando un tempo di scatto di sicurezza, in quanto si presume di usare in questo caso un' ottica grandangolare, trattandosi di foto in interno, che ci permette anche l'uso a mano libera senza cavalletto.

Gli esempi potrebbero continuare all'infinito, sta al fotografo piano piano, acquisendo esperienza, scegliere di volta in volta l' impostazione migliore.
Consiglio ai meno esperti di fare pratica con la fotocamera perché il discorso e' meno complicato di quello che sembra, con qualche ora di esercizio, maneggiando preferibilmente in manuale la fotocamera, e' facile trovare la giusta confidenza con  il selettore ISO e la ghiera dei diaframmi.
Questo non vuol dire che dobbiamo sempre lavorare in manuale scartando a priori i vantaggi degli automatismi, anzi anch'io nel 90% dei casi scatto in automatismo AV,  cioe' a priorita' di diaframma.
In pratica vi consiglio in linea di massima di seguire questa procedura valida per la maggior parte delle situazioni.
Impostate tramite l'apposito selettore il valore ISO più basso possibile in base alla luce disponibile, tenendo conto che in pieno sole e' da pazzi usare valori ISO elevati da 400 in su.
Come e' da pazzi sperare di ottenere una foto decente scattando in interni a mano libera con soli 100 ISO.
Con un minimo di esperienza capirete al volo quale sensibilità impostare.
Selezionate  poi con l'apposito selettore la funzione AV che vi permette di scegliere a priori il diaframma da usare, a seconda della profondita' di campo  che volete ottenere ( rileggete eventualmente il post precedente).
Nel caso non abbiate necessita' di esasperare ai due estremi la profondita' di campo, e' consigliabile usare diaframmi non troppo aperti e non troppo chiusi, scartando quindi la massima apertura e la minima.
Una volta impostato quindi il valore ISO e il diaframma l'esposimetro della fotocamera impostera' in automatico il valore del tempo di scatto giusto per quella situazione ( fermo restando valido il discorso fatto nei post precedenti relativi al sistema zonale e alla lettura esposimetrica ).
Non dovete far altro a questo punto che controllare rapidamente se il tempo di scatto e' abbastanza breve da mettervi al riparo dal pericolo di mosso involontario, in base alla lunghezza focale dell'obiettivo usato ( vedi ancora post precedente).
Se cio' non avviene e avete bisogno di ottenere un tempo di scatto piu' rapido, avete due strade da seguire: o aprite di più il diaframma o aumentate la sensibilita' ISO, e riprovare.
Con qualche giorno di pratica sul campo vi verra' tutto in automatico, ed in pochi secondi sarete in grado di scegliere la migliore combinazione possibile in base alla situazione, gestendo e padroneggiando  i tre parametri secondo vostra volontà.




giovedì 6 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS- IL TEMPO DI SCATTO

Per concludere la triade dei parametri che regolano la giusta esposizione, affrontiamo ora il terzo argomento:
3° PASSO IL TEMPO DI SCATTO O DI OTTURAZIONE
Ricordo ancora una volta a chi legge questo post, di prendere prima visione dei due precedenti, e di memorizzare bene i concetti base in essi contenuti.
Agli albori della fotografia quando le fotocamere erano poco piu' di una scatola di legno, non esistevano ancora pellicole o sensori, l'immagine veniva impressa su lastre, di solito di vetro, con spalmato sopra il materiale fotosensibile in gelatina.
Ci sono ancora appassionati a queste antiche tecniche e ne parlero' in un futuro post ma la cosa che ci interessa al momento e' che queste lastre, o meglio il materiale fotosensibile spalmato sopra , richiedevano un tempo di esposizione alla luce molto prolungato nell'ordine di secondi o addirittura  minuti, quindi il tempo veniva contato a mente grazie all'esperienza del fotografo, controllato togliendo il tappo davanti all'obiettivo per il tempo necessario, e poi rimettendolo a posto ad esposizione avvenuta.
Poi con il progresso le gelatine sono diventate molto piu' sensibili, fino ad arrivare ai giorni nostri dove il tempo di esposizione standard e' di frazioni di secondo addirittura nell'ordine  di millesimi.
E' evidente quindi che per gestire il giusto tempo di esposizione serve un meccanismo in grado di far passare la luce necessaria in tempi brevissimi e precisi:
L' OTTURATORE
Normalmente  e' costituito da due tendine di materiale sintetico semi rigido che si "inseguono" al momento dello scatto.
Prima di premere il pulsante le tendine sono chiuse impedendo alla luce di colpire la pellicola o il sensore, poi al momento dello scatto parte la prima tendina  facendo passare la luce, e subito dopo parte anche la seconda andando nuovamente a coprire.
L'intervallo di tempo che passa tra la prima e la seconda tendina e' il tempo di scatto o di otturazione, controllato da qualche anno elettronicamente e prima ancora meccanicamente ma con il solito funzionamento.
La differenza sta nella maggiore e costante precisione degli otturatori elettronici, anche se sono piu' delicati e durano un po' meno di quelli meccanici, e che comunque nelle fotocamere al top della gamma sono garantiti per 250.000 scatti e oltre.
I moderni otturatori elettronici sono in grado di permettere tempi di scatto che vanno da millesimi di secondo fino a decine di secondi, oltre alla funzione POSA B che consente di mantenere aperto l'otturatore premendo il pulsante di scatto fino al suo rilascio.
Una scala abbastanza comune da trovare e' la seguente:

1/1000  1/500 1/250 1/125  1/60  1/30  1/15  1/8  1/4  1/2 sec.
 1sec.  2sec.  4sec.  8sec.  16 sec.  Posa B

Anche in questo caso ogni valore e' il doppio o la meta' del vicino e la differenza tra di loro e' ancora di 1 STOP
Com'e' facile intuire un tempo di scatto lungo non permette di fermare l'immagine di un  soggetto in movimento inquadrato, restituendo quindi un' immagine  mossa.
 Questa caratteristica permette di ottenere immagini creative che danno il senso del movimento.




Questo tipo di impostazione con tempi lunghi e' molto usata fotografando ad esempio il movimento dell'acqua, che appare come un morbido fluido privo di dettagli dall'aspetto quasi onirico.





Viceversa usando tempi di scatto brevissimi tipo 1/1000 di secondo o anche più' veloci , siamo in grado di fermare nell'immagine il movimento del soggetto, impostazione indispensabile nella foto sportiva, nella macrofotografia e anche nei paesaggi dove riteniamo importante congelare il movimento.





L'utilizzo di tempi di scatto lunghi ci obbliga ad utilizzare il treppiede per evitare il mosso dovuto non solo al soggetto in movimento ma soprattutto al movimento involontario e inevitabile del fotografo,
mentre usando tempi di scatto molto brevi suddetto pericolo e' scongiurato.
C'e' una regola semplice per capire quando lo scatto che stiamo per fare e' a rischio mosso dovuto al movimento del fotografo, bisogna usare tempi di scatto corrispondenti più o meno alla lunghezza focale dell'obiettivo che stiamo usando.
Ad esempio se stiamo usando una focale di 50mm dobbiamo usare tempi di scatto non più' lenti di 1/50 di secondo, usando teleobiettivo da 200mm dobbiamo usare tempi di scatto non più lenti di 1/200 di secondo.
Con i sensori più piccoli del full frame ( vedi post precedenti) cioè del 24x36 mm classico, e che hanno quindi  un determinato fattore di moltiplicazione, il tempo di scatto di sicurezza va moltiplicato per tale fattore, quindi se il nostro sensore ha un fattore 1,5 usando un teleobiettivo da 200mm non e' più sufficiente un tempo di scatto di 1/200 ma dobbiamo usare almeno 1/300 di secondo o più veloce.
Di volta in volta quindi dobbiamo avere ben chiaro qual'e' il tempo minimo ( più lento) che possiamo utilizzare, e impostare i 3 parametri che ora conosciamo SENSIBILITA', DIAFRAMMA E TEMPO DI SCATTO in modo da evitare errori e delusioni.
Vedremo come nel prossimo post.

mercoledì 5 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS- LA GIUSTA ESPOSIZIONE-IL DIAFRAMMA e LA PROFONDITA' DI CAMPO


Invito chi non ha letto il post precedente a farlo prima di leggere questo, per seguire cosi il filo logico del discorso iniziato parlando del primo dei parametri che regolano la giusta esposizione, cioe' la sensibilita' della pellicola o del sensore digitale.

PASSO N° 2 IL DIAFRAMMA

Il diaframma di un obiettivo fotografico e' costituito da un insieme di lamelle sottilissime di metallo che si allargano o si stringono a cerchio, aumentando o diminuendo così l'apertura che permette alla luce di passare attraverso le lenti e di raggiungere la pellicola o il sensore.


Di solito piu' alto e' il numero di lamelle piu' alta e' la qualita' dell'obiettivo, in quanto si va ad influire sul risultato dell'immagine, specialmente nei ritratti, dove e' importante giocare con lo sfocato e con lo sfondo.
In letteratura fotografica si paragona quasi sempre il diaframma di un obiettivo all'iride dell'occhio umano, questo e' vero se si parla del tipo di  movimento che fa dilatare o restringere la pupilla, e  come esempio calza perfettamente, pero' a differenza dell'occhio umano, che e' capace di adattarsi in frazioni di secondo alla luminosità della scena in modo totalmente automatico, il diaframma a lamelle deve essere in qualche modo gestito e controllato, ovviamente dal fotografo.
La massima apertura di diaframma possibile corrisponde al valore che e' dichiarato su ogni obiettivo nella sua parte anteriore insieme alla sua lunghezza focale, ad esempio un obiettivo 50mm f.2 vuol dire che con la sua focale, in questo caso fissa e non zoom di 50mm, puo' avere come apertura  massima f.2.
Anche se non e' proprio l'argomento di questo post, spieghero' in due parole il concetto di luminosita' massima di un obiettivo: e' il rapporto fra la sua lunghezza focale e il diametro della lente anteriore.
Quindi nel caso dell'esempio sopra vuol dire che il nostro obiettivo di 50 mm di lunghezza focale ha una lente anteriore di 25mm.

f. = lunghezza focale/ diviso/ diametro lente

f.= 50mm/ diviso/ 25mm = 2

Ritorneremo su questo argomento importante, intanto pero' possiamo notare che sul nostro obiettivo e' riportato anche un altro valore di solito trascurato, cioe' il valore minimo di apertura, ovvero il diaframma più chiuso che possiamo impostare per avere il cerchio piu' piccolo attraverso il quale far passare la luce.
E' anche questo un valore molto importante, in alcuni casi ad esempio nelle foto di paesaggio, piu' importante della stessa apertura massima.
In ogni caso qualunque sia il tipo di obiettivo da noi scelto ( ovviamente non quello di uno smartphone scusate se mi ripeto ma mi viene il prurito) , abbiamo a disposizione una scala di valori numerici segnalati sulla apposita ghiera,  che spazia dalla massima apertura alla minima.
Ad ogni scatto della ghiera verso destra o verso sinistra,  equivale ancora una volta  uno stop di differenza di esposizione, cioè ognuno e' il doppio o la meta' del precedente, a parte i casi particolari delle grandi aperture di obiettivi ultraluminosi, secondo la seguente scala:

f.1,4  f.2  f.2,8  f.4  f.5,6  f.8  f.11  f.16  f.22

Questi sono i valori piu' comuni utilizzati, poi esistono obiettivi costosissimi con apertura anche maggiore e altri con aperture ancora minori di queste.
La scelta di un valore di  diaframma influisce in modo drastico sul risultato finale, prima di tutto perché tutti gli obiettivi lavorano al meglio, per quanto riguarda la nitidezza e le distorsioni, con i diaframmi impostati ai valori centrali tipo f.5,6 o f.8.
Questo perché alle massime aperture ogni lente pur progettata al meglio al computer, e pur usando i migliori vetri, nelle zone vicino ai bordi hanno un decadimento di qualita', piu' evidente negli obiettivi di classe economica, che porta a una diminuizione di dettaglio ai margini dell'immagine inquadrata.
 Viceversa usando diaframmi troppo chiusi, a causa del piccolo foro formatosi, avviene il fenomeno chiamato diffrazione della luce, in parole semplici e neanche del tutto corrette, si puo' dire che la luce si scompone in varie lunghezze d'onda, creando come risultato finale, anche in questo caso, una certa perdita di nitidezza.
Un altro importante parametro che varia al variare dell'apertura di diaframma e' la profondita' di campo, che corrisponde alla zona a fuoco apparente, davanti e dietro al soggetto.
Per zona nitida apparente si intende quella che percepisce l'occhio umano, che e'  diversa dalla realtà ma per ora non approfondiamo troppo.
Per semplificare, parlando di profondità' di campo, la zona nitida davanti  al soggetto e' circa 1/3 del totale e quella dietro i rimanenti  2/3.
Ad esempio se il nostro soggetto e' posto a 10 metri di distanza e la profondita' di campo in quella situazione e' di 3 metri, avremo a fuoco la zona posta per 1 metro davanti al soggetto e per 2 metri la zona dietro.
Se invece la profondita' di campo totale e' di 9 metri avremo a fuoco 3 metri davanti al soggetto e 6 metri dietro.
La profondita' di campo nell'esempio sopra puo' e deve essere variata, o almeno controllata, a seconda dell'apertura di diaframma  scelta ( ovviamente non variando il tipo focale che stiamo utilizzando).
Memorizzate bene il seguente concetto:

PIU' IL DIAFRAMMA E' APERTO  MINORE E' LA PROFONDITA' DI CAMPO OTTENIBILE
Quindi se noi abbiamo bisogno di far risaltare un soggetto staccandolo dallo sfondo, come ad esempio nel caso di un ritratto, dobbiamo impostare valori di diaframma aperti, viceversa se abbiamo necessita' di avere nitida la maggior parte dell'immagine, come nel caso di un  paesaggio, dal primo piano allo sfondo, dobbiamo impostare diaframmi piuttosto chiusi.
Come ultimo importante parametro per quanto  riguarda la profondità  di campo, dobbiamo considerare la lunghezza focale dell'obiettivo che stiamo usando.
 Un grandangolare ha enormemente per sua natura più profondità di campo rispetto ad un teleobiettivo, questo non e' un pregio e nemmeno un difetto, e' soltanto una scelta in più che abbiamo a disposizione per ottenere il risultato visualizzato.
Nel prossimo post parleremo di tempo di otturazione e successivamente vedremo come gestire il tutto
per ottenere la giusta esposizione.



martedì 4 febbraio 2014

CORSO DI FOTOGRAFIA GRATIS- LA GIUSTA ESPOSIZIONE - LA SENSIBILITA'-

Uno dei concetti chiave da capire a fondo in ambito fotografico e' l'esposizione.
 Che si tratti di pellicola o sensore digitale non fa nessuna differenza, diciamo che scattando in digitale abbiamo la possibilita' di verificare subito il risultato invece di aspettare giorni o settimane come succedeva con la pellicola.
I parametri che regolano e controllano l'esposizione sono tre:
La sensibilità.
 Di natura chimico-fisica se si tratta  di pellicola, o elettronica nel caso di sensore digitale.

L' apertura del diaframma.

La velocita' di scatto, o tempo di otturazione.

Il comprendere  bene come questi tre parametri sono fra di loro strettamente collegati, e come funzionano presi singolarmente, ci porta subito di diritto nella fascia dei  fotoamatori che sanno quello che fanno, staccandoci dalla massa dei fotamatori che invece scattano  e sperano.
Questo perché e' fondamentale sapere che ogni volta che noi facciamo una scelta inerente ai suddetti tre fattori, impostiamo o modifichiamo drasticamente il risultato finale, quindi dobbiamo essere in grado di capire prima in quale direzione stiamo andando e quale risultato ci dobbiamo aspettare.
Invito chi e' agli inizi a seguire passo per passo questo post senza andare avanti prima di aver capito a fondo il passo precedente, e di ritornare su di esso se non siete sicuri di avere capito bene e di avere memorizzato perfettamente il concetto.

Passo n°1 LA SENSIBILITA'.

Premetto che la questione richiederebbe una serie di post molto lunghi per essere trattata a fondo, e mi riprometto di farlo se qualcuno dimostrera' interesse, in quanto  si tratta  di andare a scomodare argomenti di chimica, fisica ed elettronica.
Rimanendo pero' al momento nell' ambito di un post dedicato a chi comincia, cerchero' di esprimere i concetti nel modo il piu' possibile scorrevole  e comprensibile, pur rimanendo sempre a disposizione per chi desidera avere chiarimenti ulteriori.
Tralasciando di trattare in questo post i vecchi materiali fotosensibili che comunque tratterò in futuro in un post dedicato,
parlando invece di pellicole moderne, la loro sensibilita' e' dovuta principalmente alla dimensione dei cristalli di alogenuro di argento in esse contenuti, che sono il materiale fotosensibile in grado di reagire chimicamente e fisicamente all'esposizione luminosa, formando sulla pellicola la cosiddetta immagine latente, che in parole povere e' l'immagine impressa ma non ancora visibile.
I cristalli hanno le dimensioni di micron, cioe' millesimi di millimetro, controllabili durante il processo di produzione industriale ottenendo così  cristalli delle dimensioni volute.

La cosa da capire e da memorizzare e' che piu' i cristalli sono grandi maggiore e' la loro capacita' di reagire alla luce rendendo quindi piu' sensilbile la pellicola, in grado cioe' di registrare immagini sfruttando una quantita' minore di luce disponibile, rispetto ad una pellicola ottenuta con cristalli più piccoli.
Tenete bene a mente pero' che siccome i cristalli formano la grana di una pellicola, piu' sono grandi maggiore e' il disturbo della grana stessa sul negativo e quindi successivamente sulla stampa finale.
Questo vale sia per pellicole negative a colori e bianco-nero, sia  per le diapositive, quindi chi e' alla ricerca della massima nitidezza con una grana ridotta al minimo, deve reperire pellicole di bassissima sensibilità .
Per il bianco-nero si possono trovare ancora pellicole con sensibilità 25 ISO dalla grana impercettibile soprattutto nei formati più grandi del 35mm, le diapositive al massimo, anzi al minimo, offrono i 50 ISO, mentre per le negative a colori si parte dai 100 ISO in su.
Come effetto secondario oltre naturalmente al bisogno di una maggiore quantità di luce disponibile, normalmente le pellicole di bassissima sensibilità hanno anche un contrasto maggiore ed una maggiore saturazione di colore, bellissima nei paesaggi ma deleteria ad esempio nei ritratti.
La scala della sensibilita' detta ISO e' la seguente partendo dal valore minimo di 25 ISO:

25-50-100-200-400-1600-3200-6400-12800 ecc.

Come si puo' notare i valori raddoppiano o si dimezzano, :
ogni variazione in piu' o  in meno equivale ad uno STOP.
Tenete bene a mente questo concetto:

1 STOP = RADDOPPIARE O DIMEZZARE IL VALORE ISO

Ad esempio 100 ISO ha sensibilita' doppia rispetto a 50 ISO, cioe' arriva una quantita' doppia di luce,
allo stesso modo 400 ISO ha sensibilita' dimezzata rispetto a 800 ISO, cioe' arriva una quantita' di luce dimezzata.

Discorso per certi versi speculare per quanto riguarda i sensori digitali.
Al posto dei cristalli di argento abbiamo dei sensori chiamati diodi capaci di catturare l'energia luminosa e di convertirla in segnale elettrico, un diodo commercialmente parlando corrisponde ad un pixel, e come i cristalli di argento e' ovvio che più grandi sono più luce riescono a catturare.
Nel caso di sensori digitali piccolissimi come quelli di uno smartphone e' evidente che al loro interno non possono coabitare oltre un certo numero di diodi, quindi il sentir parlare di milioni di pixel stipati in un sensore di 10mm x 5mm, scusatemi la brutalità, ma si tratta di truffa legalizzata.
Non perche' non e' vero che ci stanno dentro, ma perché si vuole attrarre la clientela con pubblicità ingannevole, facendo  credere che una dicitura di per se esatta non corrisponde a risultati sperati, con conseguente inevitabile delusione, a meno che non ci si limiti a osservare le foto sul mini monitor di uno smartphone.
Questo perche' i diodi così compressi in poco spazio si fanno addirittura ombra fra di loro, catturando quindi ancora meno luce e obbligandoci ad impostare sensibilità maggiori con decadimento della qualità dell'immagine.
E' un cane che si morde la coda, si aumentano i diodi in spazi sempre più limitati nel tentativo di aumentare la qualità immagine, che invece decade proprio per l'eccessivo numero di pixel.
Il discorso e' diverso se parliamo di sensori di dimensione adeguata, prendendo ad esempio il cosiddetto full frame o formato pieno, quindi di dimensioni comparabili al formato 24x36 mm a pellicola, il classico formato Leica 35mm.
C'e' un enorme differenza fra i 10 milioni di pixel stipati in mezzo cm quadro e i 10 milioni comodamente alloggiati in un sensore full frame.
Comunque anche in caso di sensori full frame montati su fotocamere al top della gamma, dobbiamo essere consapevoli che oltre un certo limite non possiamo andare, e che ritorniamo al concetto espresso prima parlando di pellicola.
Aumentando elettronicamente, tramite le impostazioni della nostra fotocamera, la sensibilità del sensore aumenteremo inevitabilmente anche il disturbo elettronico, detto comunemente rumore di fondo, ottenendo  lo stesso sgradevole risultato di immagini sgranate e disturbate soprattutto visibili nelle zone in ombra e uniformi.
Quindi anche nel caso di fotocamere digitali, chi ambisce ad ottenere immagini dalla  massima nitidezza e col massimo dettaglio, deve impostare la fotocamera su dei valori di sensibilità più bassi possibile.

Quindi sintetizzando ricordate bene per i prossimi post:

       MASSIMA SENSIBILITA' = MINORE NITIDEZZA

Abbiamo cosi' analizzato brevemente il primo dei tre parametri che controllano l'esposizione, nei due prossimi post parleremo di diaframma e tempo di esposizione, per arrivare poi a capire come i tre parametri possono essere da noi controllati e gestiti al meglio per arrivare al risultato da noi visualizzato.



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